"Sindacato,
persone GLBT e Lavoro", prima conferenza mondiale su
gay e sindacato ad Amsterdam
di
Maria Gigliola Toniollo
CGIL Nazionale - Dipartimento Diritti di Cittadinanza
Ufficio Nuovi Diritti
Pochi
giorni sono bastati per disperdere nell'atmosfera l'allegro
fracasso del rutilante carrozzone-Gay Games di Amsterdam,
un happening di fine secolo aperto dalla parata di oltre
100 barconi profumatamente sovvenzionati dagli innumerevoli
locali gay-lesbo indigeni, ce n'è per tutti i gusti,
carichi di uomini e donne infilati in improbabili, irriverenti
costumi a luci rosse, musiche techno, canzoni degli Abba,
Riccardo Cocciante (ma com'è?), Dana International,
la cantante ex-trans, un must d'occasione magari anche alquanto
scontato...
Sul
folclore psichedelico, sulla giostra di sponsor ricchi e
pasciuti e chissà come tanto liberal, sul maxi business
al fulmicotone da cui la politica risultava rigorosamente
bandita, persino i workshop "seri" in agenda non
riuscivano a emanciparsi dalla sensazione di esser stati
buttati lì scopo ricerca-rispettabilità, sulla
vicenda mondana insomma, dove proprio tutto, feste di piazza
incluse, passava rigidamente attraverso il pagamento di
un cospiquo tiket, stampa e media, in testa naturalmtente
i periodici gay, hanno ritenuto di profondere gran quantità
delle loro energie.
A
ruba neanche a dirlo sono andati lo scoop, il piccante,
il gossip, per premiare magari, nella fiera delle tante
imbecillità, roba scritta come l'infausto articolo
di E. Martelli sull'Unità, in cui con piglio yè-yè
si è arrivati (ma che c...) ancora oggi a dissertare
su una sorta di distinzione fra atleti maschi, femmine e....
Poco gettonate invece le performance degli atleti, cioè
la sostanza: meglio dedicare risorse alla polemica trans-si,
trans-no e non porsi mai la madre di tutte le questioni
e cioè perché un numero non indifferente di
cittadini e cittadine del mondo a un certo punto abbia ritenuto
di farsi delle Olimpiadi a se', accolto alla grande dalla
pronta benevolenza pelosa degli uomini d'affari.
Reprimenda
moralisticheggiante contro le sponsorizzazioni? Moralità
d'accatto? Crisi post-comunista? I soldi fanno schifo? Macché,
non viviamo in un altro pianeta, ci siamo divertiti un casino
alla parata, fatto foto e film, preso pioggia e vento, riso
e scherzato in tutte le lingue, qualcuno ha approfittato
per fumare e ha ballato la salsa in strada. E tuttavia per
chi fa politica era impossibile non riflettere, era impossibile
estranearsi dalla sensazione costante di una sorta di strano
agreement: un patto in cui il gay, la lesbica, i trans e
le trans (ma poteva essere qualunque altra situazione normalmente
considerata "out") erano perfettamente funzionali
all'occasione, visto l'alettante giro di miliardi, ma per
principio proprio nulla tutto ciò doveva aver a che
fare con istanze di adeguamento culturale, con rivendicazioni
di diritti e di libertà della persona, con la giustizia
o con l'universale senso del pride, appariva pertanto sottoscritto
pacificamente in via bilaterale proprio il principio delle
Olimpiadi a parte.
A
riprova della volontà al disimpegno infatti ben pochi,
quasi nessuno anzi, stampa gay inclusa, ha ritenuto di dar
spazio e visibilità alla prima Conferenza Mondiale
"Sindacato, omosessualità e lavoro" un
evento più sommesso ma straordinariamente importante,
svoltosi in apertura dei Gay Games nelle discrete sale dell'Aristo
Zalen.
Si
è trattato di una iniziativa frutto di anni di fatiche
e di rapporti politici, chiesta a gran voce nel 1994 dall'ILGA
-International Lesbian and Gay Association- durante il Congresso
di New York e organizzata, assieme alle associazioni, da
FNV e CNV (sindacati olandesi), UNISON (inglese), OTV (tedesco),
CGIL per l'Italia, CLC per il Canada, dove si era anche
provveduto, assieme ad altri sindacati europei, americani,
australiani a finanziare borse di studio per consentire
la partecipazione a rappresentanti di realtà "difficili"
come Brasile, Ecuador, India, Kenia, Lituania, Malesia,
Messico, Nicaragua, Filippine, Sud Africa, Vanatu e Uganda.
Non mancavano nel contesto sigle di prestigio umanitario
internazionale come Amnesty International, HIVOS, Quilt
Tour, Xmin, Aidsfonds e il patrocinio dell'Università
e del Comune di Amsterdam.
Il
sindacato italiano era rappresentato da numerosa e aguerrita
delegazione: per la CGIL Nazionale Stefano Spadafora e chi
scrive, assieme a Gregorio Prestia e Dario Manna del Servizio
Civile-Obiettori di Coscienza, Maurizio Poletto e Piero
Pirotto, per Segreteria e Centro Gay della Camera del Lavoro
di Torino, Alessandro Cardente, per il Circolo di Cultura
Omosessuale Mario Mieli. Ersilia Salvato, nostra vice-presidente
del Senato, aveva inteso partecipare inviando una lettera
formale e molto apprezzata alla Conferenza (http://www.cgil.it/org.diritti/omosess/default.stm).
Come
sapevamo in partenza, sono stati tre giorni di conoscenza,
di dibattito, di speranza. Ci siamo incontrati in oltre
duecento delegati di sindacati e di associazioni provenienti
da trenta Paesi costituendo insieme un luogo di denuncia
e di lavoro, dove si sono confrontate realtà diverse
e lontane le une dalle altre: situazioni in cui la battaglia
è quella di imporre norme antidiscriminatorie e promuovere
pari opportunità per omosessuali, lesbiche e transessuali,
altre dove la stessa legge criminalizza omosessuali, lesbiche
e transessuali sino alla tortura e alla pena di morte. Difendendo
sacrosanti diritti civili ci siamo trovati infatti, come
in tante altre occasioni internazionali, accanto a uomini
e donne che avevano urgenza di veder recepiti i loro diritti
umani, sovrastati da minacce di galera o peggio, come certi
calorosi amici nicaraguensi che ci hanno raccontato situazioni
di terrore e di repressione difficili da immaginare oggi
e che macchiano la coscienza del mondo civile.
In
Italia, più che altrove, ma anche altrove, lesbiche,
gay e transessuali sono penalizzati da un bigotto ossequio
al potere confessionale, dall'arroganza e dall'ingerenza
nei poteri dello Stato delle gerarchie ecclesiatiche. Inoltre,
sempre in Italia, ma non soltanto in Italia, un aspetto
indicativo e problematico è dato dallo scarso interesse
alla visibilità e dalla debole volontà di
rivendicazione dei propri diritti da parte delle persone
interessate: ciò porta spesso alla rinuncia a rivendicare
diritti e pari opportunità quindi anche alla difficoltà
nel riconoscere ruolo al sindacato nelle situazioni vertenziali,
tanto è vero che spesso i nostri uffici ricevono
richieste di intervento da lavoratori e lavoratrici quando
ormai è troppo tardi per farsi valere, dopo mesi
dall'aver patito ingiustizie, violenze o addirittura perso
il posto di lavoro e infine va detto che una parte consistente
dei casi di discriminazione del mondo del lavoro denunciati
da gay, lesbiche e transessuali non deriva da condotte vessatorie
del datore di lavoro (più portati semmai a strumentalizzare
qualunque circostanza in tempi di voglia di riduzione del
personale), ma da una difficile convivenza con i colleghi,
molestie sessuali comprese.
Fra
gli intenti più espliciti dei partecipanti europei
alla Conferenza c'era quello di chiedere e chiederci conto
della storica raccomandazione sulla "Parificazione
dei diritti di gay e lesbiche nella Comunità Europea",
approvata nel febbraio del 1994 e ancora oggi non recepita
dall'Italia e da tanti altri Paesi e mettere le basi di
una miglior sorte per l'articolo del nuovo Trattato per
l'Europa che include oggi per la prima volta a livello giuridico
internazionale l'orientamento sessuale tra le cause di possibile
discriminazione da cui difendersi con l'intervento del Consiglio
Superiore dell'Unione Europea.
Due
cose, forse, in particolare sono apparse un po' fuori dal
coro delle assemblee, anche internazionali, a cui si è
abituati: dimenticando evidentemente la composizione e lo
Statuto dell'ILGA, nelle varie sedute plenarie è
emerso più volte da parte di non pochi partecipanti
disagio, fastidio, se non una palese contrarietà,
al fatto che, nell'organizzazione della Conferenza, fossero
state accomunate situazioni di vita diverse come omosessualità
e transessualismo. Palese anche lo squilibrio delle forze
in campo, data la presenza di una sola associazione transgender,
"Press for change". Tuttavia alla fine, distinguendo
ovviamente le diverse esigenze, siamo riusciti a formulare
un documento finale unico (disponibile nel giro di un mese).
Un'altra richiesta molto insistente e alquanto particolare
è stata quella espressa con forza da alcuni gruppi
nel voler sottolineare formalmente che gay, lesbiche, trans
di colore o disabili sono costretti nel mondo intero a subire
una doppia discriminazione...
Per
illustrare le linee politiche antidiscriminatorie della
CGIL in tema di omosessualità, lesbismo e transessualismo
sono stati distribuiti all'assemblea due nostri documenti
condivisi dalla Segreteria Generale: uno sulla discriminazione
nel mondo del lavoro (http://www.cgil.it/org.diritti/omosess/default.stm)
e uno sulle tutele specifiche per lavoratrici e lavoratori
sieropositivi o in AIDS conclamata (http://www.cgil.it/org.politicasalute/aids/amsterdam.htm),
assecondando in questo il programma ufficiale proposto dalla
Conferenza i cui organizzatori, anche in un'occasione come
questa, non avevano evidentemente ritenuto rischioso l'accostamento
omosessualità-AIDS, causa di tanti dolorosi stereotipi.
Nell'ambito della Conferenza, uno dei nostri compiti era
di coordinare un gruppo di lavoro complesso e particolare:
"Travestiti, diritti umani e lavoro.
Stanchi
e angosciati per il gande numero di questioni a cui non
riusciamo quotidianamente a far fronte, avvelenati da crisi
di impotenza nel confronto quotidiano tra le potenzialità
del Sindacato e il poco che si riesce a costruire e dalle
difficoltà a liberare la sinistra da tutte le sue
vetero-fobie, ci siamo tuttavia resi conto ad Amsterdam,
e con una certa fierezza, che malgrado i nostri pesanti
limiti, la nostra elaborazione politica è di alto
livello, che eravamo comunque, fra tanti presenti, l'unico
sindacato ad avere in tema di discriminazioni omosessuali,
lesbiche e transessuali un Ufficio Nazionale formalmente
costituito, centri di consulenza territoriali, sempre troppo
pochi -Torino, Bologna, Milano e Genova- ma in crescita
numerica, folti e battaglieri gruppi di lavoro e norme statutarie.
Gli
impegni derivanti dalla World Conference di Amsterdam, una
vasta gamma di istanze che nel diritto delle persone a viversi
includono la non discriminazione sul posto di lavoro, sino
alla garanzia di non vedere la propria carriera bloccata
a causa dell'orientamento sessuale o a causa di un cambiamento
di genere, dovranno essere sostenuti a livello internazionale
nei confronti dei vari Stati in modo da uscire da ogni forma
equivoca, per far sì che in tutto il mondo, siano
pari opportunità, siano diritti civili, siano diritti
umani, sia chiaro a tutti che omosessualità e transessualismo
altro non sono che caratteristiche della persona, elementi
naturali del comportamento umano.
Roma,
13 agosto 1998