CAMERA
DEI DEPUTATI
PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA DEI DEPUTATI
SODA, MELANDRI, IOTTI, FOLENA, COLLETTI, TARADASH
Dell'Unione Affettiva
Presentata
il 10 marzo 1998
Onorevoli colleghi ! Nel pianeta, nella società e negli
stati, ispirati ai principi di libertà e di tutela
dei diritti inviolabili della persona, sorretti dal consapevole
rispetto anche delle differenze dell'orientamento sessuale,
la questione omosessuale ha assunto dimensione, di presenza
e di dramma, che non può più essere ignorata
o sottovalutata.
La soggettività politica, sociale e culturale di milioni
di omosessuali si esprime nella progressiva e matura volontà
di rifiutare la simulazione, la vergogna, la discriminazione
che tuttora accompagnano la loro vita di sofferenza e di infelicità,
cagionata da consolidati pregiudizi e inaccettabili stereotipi.
Nei paesi, e sono tanti, - Afghanistan, Algeria, Arabia Saudita,
Etiopia, Ghana, India, Iran, Giordania, Kuwait, Libia, Libano,
Marocco, Pakistan, Siria, Tunisia - ove ancora prevalgono
violenza e sopraffazione, fondamentalismi e disprezzo per
la diversità, la condizione degli omosessuali è
respinta nella illegalità e perseguita con la repressione.
Negli stati democratici di più recente costituzione,
fra questi ultimi ricordiamo la Repubblica del Sud Africa,
la sexual orientation è assunta fra le cause che, insieme
alla razza, al sesso, all'età, alla religione, alle
opinioni, alla lingua, alla nascita, alla origine etnica o
sociale, non possono mai costituire ragione di discriminazione.
Nei paesi più avanzati sul terreno delle libertà
politiche e civili - dalla Danimarca alla Norvegia, alla Svezia,
la convivenza fra persone dello stesso sesso è riconosciuta
e la sua registrazione produce gli stessi effetti di un matrimonio.
Nell'Unione Europea, il Parlamento, con la Risoluzione sul
rispetto dei diritti dell'uomo (A4 - 011/97), ha ribadito
che "nessuno può essere discriminato per la sua
religione, per la sua origine, il suo sesso, il suo orientamento
sessuale o la sua opinione". Il Parlamento europeo ha
altresì ritenuto che "il mancato riconoscimento
giuridico delle coppie dello stesso sesso nell'intera Unione
rappresenti una discriminazione, in particolare per quanto
riguarda il diritto alla libera circolazione e il diritto
al ricongiungimento familiare".
In Italia sono circa tre milioni i cittadini omosessuali.
Essi costituiscono la minoranza più numerosa del nostro
paese. Fra di loro, uomini e donne dello stesso sesso, si
stabiliscono relazioni affettive, sentimenti di solidarietà,
vincoli di reciproca assistenza. Attuano stabili convivenze
nella umana ricerca della felicità possibile. Essi
però non sono liberi, come tutti gli altri cittadini,
di programmare e scegliere l'assetto, giuridicamente riconosciuto,
da conferire ai loro reciproci rapporti morali e patrimoniali.
Nella legislazione italiana dunque manca la disciplina positiva
per rimuovere la discriminazione costituita come ha sottolineato
dal Parlamento dell'Unione Europea, dal mancato riconoscimento
delle convivenze fra persone adulte dello stesso sesso. A
questa lacuna si accompagna la ulteriore assenza della assunzione,
negli istituti di diritto civile e penale, in materia di libertà
e dignità dei lavoratori, di parità di trattamento,
di repressione delle condotte lesive della libertà,
di tutela della riservatezza, di educazione sessuale, di assicurazioni,
dell'orientamento sessuale quale causa di discriminazioni.
La limitazione della legislazione al sesso in sé quale
fattore di non discriminazione, senza alcun riferimento specifico
all'orientamento sessuale, determina, nell'ordinamento, l'
esistenza o, quanto meno, l'affievolimento della garanzia
di uguaglianza delle persone omosessuali.
La presente proposta di legge, di riconoscimento giuridico
delle unioni affettive e di assunzione dell'orientamento sessuale
fra le cause di discriminazione, è diretta a colmare
l'indicato duplice vuoto normativo.
Il titolo I (art. 1 - 4) detta le disposizioni per il riconoscimento
giuridico, ai fini della costituzione, della pubblica registrazione,
dello scioglimento, della disciplina dei rapporti fra le parti,
anche in materia successoria, della "unione affettiva"
intesa come "unione fra due persone, di maggiore età,
dello stesso sesso, legate da vincoli affettivi, di solidarietà
e di reciproca assistenza" (art.1).
Nel proporre questo riconoscimento, non ignoriamo i delicati
e complessi problemi nascenti dal "favor familiae",
contenuto nella nostra Costituzione.
Una compiuta analisi delle linee direttrici della nostra Carta
Costituzionale e della evoluzione del quadro giuridico sulla
famiglia nel nostro paese, conferma però non solo che
siffatto riconoscimento non entra in contraddizione con i
principi fondativi della forma di stato e dei rapporti etico-sociali,
delineati dal nostro costituente, ma ne rappresenta, al contrario,
compiuta attuazione.
Come è noto, la nostra Costituzione, riguardata sul
punto come fra le più avanzate del mondo, ispira al
principio personalista la struttura fondativa della Repubblica.
Sancisce infatti l'art. 2 che "la Repubblica riconosce
e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo,
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità,
e richiede l' adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale".
La persone umana con i suoi inviolabili diritti è dunque
precedente, preesistente ad ogni forma di organizzazione sociale
- dalla più semplice alla più complessa, ivi
compreso lo Stato e gli enti sovranazionali -. È una
anteriorità giuridica nel senso che i diritti fondamentali
della persona preesistono alla organizzazione sociale e non
possono che essere da questa, e quindi anche dallo Stato,
"riconosciuti" e non "attribuiti".
È corollario e sviluppo del "principio personalista"
il principio, pur espressamente affermato in Costituzione,
del "pluralismo sociale" che comporta il parallelo
riconoscimento delle formazioni sociali, ovvero delle comunità,
delle società, delle organizzazioni intermedie fra
individuo e Stato, che promuovono e realizzano, nell'ambito
delle aspirazioni e dei doveri di solidarietà, lo sviluppo
della personalità umana.
Questa disposizione, come affermò autorevolmente G.
La Pira in assemblea costituente respinge e supera le due
opposte tendenze affermatesi nel pensiero filosofico politico
a partire dalla rivoluzione francese, l'una "atomistica"
che contrappone uti singuli gli individui allo Stato, l'altra
"totalitaria" che fonda nello Stato il creatore
unico di diritti e di funzioni.
I principi affermati nell'art. 2 trovano infine correlazione
e naturale svolgimento nei principi di uguaglianza e di pari
dignità sociale, sanciti nel successivo art. 3, che
fa obbligo alla Repubblica, e dunque in primo luogo allo Stato,
quale espressione della collettività organizzata "di
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che,
limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana".
Alla luce di questi principi vanno perciò lette e interpretate
tutte le successive disposizioni che, in particolare, disciplinano
determinate "formazioni sociali", fra le quali assume
rilevanza, sul tema delle molteplici società affettive,
la famiglia.
La famiglia è definita nell'art. 29 della nostra Costituzione,
secondo la formulazione proposta da P. Togliatti nell'Assemblea
costituente, come "società naturale fondata sul
matrimonio", non già in virtù di una tarda
e suggestiva rievocazione del giusnaturalismo, bensì
nella consapevolezza della sua natura di formazione sociale
anteriore e preesistente (art. 2) allo stato e alla sua potestà
legislativa.
La convergenza sul tema fra orientamenti ideologici, politici
e culturali diversi fu significativamente univoca e assoluta.
Interrogandosi sul significato della famiglia come società
naturale, A. Moro rispondeva che con questa espressione si
intendeva "qualcosa di più dei diritti della famiglia".
"Non si tratta", precisava, "di riconoscere
i diritti naturali della famiglia, ma di riconoscere la famiglia
come società naturale, la quale abbia le sue leggi
e i suoi diritti di fronte ai quali lo stato, nella sua attività
legislativa, si deve inchinare.
E. C. Mortati, a sua volta, in termini giuridici, ricordava
che la formula riveste carattere normativo poiché,
"con essa si vuole assegnare all' istituto familiare
una sua autonomia originaria, destinata a circoscrivere i
poteri del futuro legislatore in ordine alla sua regolamentazione".
A fronte di questa concezione della famiglia e della sua rilevanza
costituzionale, occorre dunque chiedersi se la nostra Costituzione
escluda la nascita, il riconoscimento e la tutela di altre
e diverse formazioni sociali.
La risposta non può che essere negativa sia per il
riferimento testuale nell 'art. 2 alle "formazioni sociali"
(principio del pluralismo) sia per la rilevanza ad esse attribuite
ai fini della realizzazione e dello sviluppo della personalità
umana (principi di libertà e di uguaglianza e compiti
della Repubblica). Il limite espresso al riconoscimento e
alla tutela di altre formazioni oltre la famiglia è
rappresentata dal loro valore sociale, dalla loro meritevolezza
in quanto organizzazioni nelle quali vive, si esprime e si
attua la solidarietà.
In sostanza, le garanzie dettate per la famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio non significano esclusione
di riconoscimento e di tutela di altre formazioni sociali,
non comportano affatto che qualsiasi forma di convivenza,
per ricevere protezione normativa, debba essere necessariamente
organizzata nella forma della famiglia.
Vi è nella Costituzione un favor familiae che non esclude
la tutela di altre forme di convivenza, nelle quali si realizza
la personalità umana.
Fra queste indubbiamente, oltre alle cosiddette famiglie di
fatto, può annoverarsi la unione affettiva fra persone
dello stesso sesso, che assumono la solidarietà quale
fattore costitutivo.
A questi principi si ispira la presente proposta di legge
che non influisce dunque sulla disciplina del matrimonio,
non modifica lo status giuridico dei figli, non intacca i
caratteri propri della famiglia, secondo cultura, tradizione
e diritto, né interferisce, con la eventuale, pur possibile,
disciplina delle cosiddette famiglie di fatto.
La proposta mira a rimuovere una discriminazione; a realizzare
un diritto di libertà; a promuovere il riconoscimento
delle diversità, a garantire la parità dei diritti
per le persone omosessuali.
Attuato il riconoscimento delle "unioni affettive",
con la istituzione dei pubblici registri, ove è iscritta
la costituzione dell'unione e il suo scioglimento (art. 2),
la disciplina applicabile è dettata dalle disposizioni
dell'articolo 3.
Ai fini generali della regolamentazione etica - diritti e
obblighi reciproci - e patrimoniale dell'unione la relazione
fra i contraenti è assimilata a quella di coniugio.
Di conseguenza, fatte salve le disposizioni di maggior favore
previste espressamente per la famiglia naturale, fondata sul
matrimonio, alle unioni affettive si applicheranno le norme
previste nelle leggi civili (ivi comprese indubbiamente le
disposizioni di carattere amministrativo) e penali relative
all'unione matrimoniale (articolo 3, comma II).
La natura di questa unione comporta la sua irrilevanza sullo
stato dei figli dei contraenti, precedenti o successivi all'unione
stessa (articolo 3, comma 3).
Espressamente inoltre è previsto che le disposizioni
relative al matrimonio, le quali abbiano fondamento nella
naturale fisiologia riproduttiva della donna, non si applicano
alle unioni affettive (art. 3, comma 4).
È esclusa, considerate le finalità dell'adozione,
diretta a garantire, nella disciplina positiva internazionale
e statuale, ai minori in stato di abbandono, ove possibile,
una famiglia del tutto simile, nella sua composizione, struttura
e relazione, alla famiglia naturale, l'applicabilità
alle unioni affettive della disciplina delle adozioni dei
minori, relative alle famiglie e ai coniugi (art. 3, comma
5).
Infine non si estende alle unioni affettive la disciplina
dettata dai trattati internazionali, relativa al rapporto
matrimoniale, ove l'estensione non sia prevista espressamente
attraverso il consenso anche dello stato estero contraente.
Ovviamente ove il consenso sia prestato, la disciplina pattizia
sul matrimonio troverà applicazione estensiva alla
unione affettiva, in quanto compatibile e nei limiti previsti
dallo stesso art. 3 (art. 3, comma 6).
L'estensione al rapporto di unione della legislazione di tutela
del lavoro, in connessione all'assolvimento dell'obbligo di
solidarietà di reciproca assistenza, come previsto
nel secondo comma dell'art. 3, richiede, per la sua effettiva,
compiuta realizzazione, che anche le disposizioni - di garanzia
e di agevolazione - contenute nella contrattazione collettiva
trovino applicazione in favore dei componenti dell'unione
(art. 4).
Il titolo secondo detta le norme di prevenzione e repressione
della discriminazione motivata dall'orientamento sessuale,
attraverso la rivisitazione integratrice delle specifiche
leggi in tema di tutela della libertà e dignità
dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300), di parità
di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro (legge
9 dicembre 1977, n. 903), di azioni positive per la realizzazione
della parità nel lavoro (legge 10 aprile 1991, n. 125),
di discriminazione razziale, etnica, religiosa (Legge 13 ottobre
1975, n. 654 di ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale
sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale,
aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966; D.L. 26 aprile
1993, n. 123, convertito in legge con modificazione, dalla
legge 25 giugno 1993, n. 205). In tal senso provvedono gli
artt. 5 sugli atti discriminatori e 6 sulle sanzioni penali.
Il Titolo III prevede, come disposizioni integrative, la tutela
della riservatezza anche con specifico riferimento all'orientamento
sessuale (art. 7), la prescrizione che nell'ambito dei corsi
di informazione o educazione sessuale che si svolgono anche
a titolo sperimentale è vietata ogni manifestazione
di intolleranza, dileggio, disprezzo, discriminazione o colpevolizzazione
che possa risultare traumatica o sia in grado di turbare lo
sviluppo della personalità di scolari o studenti omosessuali,
o che favorisca comunque il perpetuarsi di pratiche e atteggiamenti
discriminatori o intolleranti (art. 8).
Infine è prescritta la esclusione nei contratti assicurativi
di qualsiasi incidenza, ai fini della determinazione dei premi
da corrispondere e delle prestazioni da ricevere, dell'orientamento
sessuale (art. 9).
L'articolo 10 detta le sanzioni pecuniarie per le violazioni
ai divieti previsti.
PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
Disciplina dell'unione affettiva
Art. 1.
(Unioni affettive).
L'unione fra due persone, di maggiore età, dello stesso
sesso, legate da vincoli affettivi, di solidarietà
e di reciproca assistenza, morale e materiale, è riconosciuta
dalla legge ai fini della costituzione e della pubblica registrazione,
dello scioglimento, della disciplina dei rapporti fra le parti,
anche in materia di successione.
Art. 2
(Registri delle unioni).
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, i Comuni istituiscono i registri delle unioni affettive,
nei quali sono iscritti la costituzione e lo scioglimento
dell'unione.
Art. 3
(Disciplina applicabile).
1. Il rapporto fra i contraenti delle unioni affettive è
assimilato alla relazione di coniugio.
2. Salvo le disposizioni di maggior favore previste espressamente
per la famiglia naturale fondata sul matrimonio, alle unioni
affettive si applicano le norme civili e penali relative al
matrimonio.
3. La costituzione dell'unione affettiva non ha effetti sullo
stato dei figli dei contraenti.
4. Le disposizioni relative al matrimonio che hanno fondamento
nella fisiologia riproduttiva della donna non si applicano
alle unioni affettive.
5. Le disposizioni sulla disciplina delle adozioni dei minori,
relative alle famiglie e ai coniugi non si applicano alle
unioni affettive.
6. Le disposizioni dei trattati internazionali relative al
matrimonio non si applicano all'unione affettiva senza il
consenso dell'altro stato contraente e nei limiti stabiliti
dal presente articolo.
Art. 4
(Reciproca assistenza e contratti di lavoro).
Le disposizioni dei contratti collettivi di lavoro dirette
a garantire l' assolvimento dell'obbligo di reciproca assistenza,
relative al matrimonio e al coniuge del lavoratore, si applicano
anche all'unione affettiva.
Capo II
Prevenzione e repressione della discriminazione motivata dall'orientamento
sessuale.
Art. 5
(Atti discriminatori)
1. All'art. 15, secondo comma della Legge 20 maggio 1970,
n. 300, le parole "o di sesso" sono sostituite con
le parole ", di sesso o motivata dall' orientamento sessuale".
2. All'art. 1 primo comma della Legge 9 dicembre 1977 n. 903,
dopo le parole "sul sesso", sono inserite le seguenti:
"o sull'orientamento sessuale". Al quarto comma
, dopo la parola "soltanto", sono aggiunte le seguenti:
"per quel che riguarda le lavoratrici,".
3. All'art. 3, primo comma della Legge 9 dicembre 1977 n.
903, dopo le parole "uomini e donne", sono inserite
le seguenti: "o fondata sull' orientamento sessuale".
4. All'art. 4 comma 1 della Legge 10 aprile 1991 n. 125, dopo
le parole "del sesso", sono aggiunte le parole "o
dell'orientamento sessuale".
Art. 6
(Sanzioni penali).
1. All'art. 1 comma 1 capoverso 1 lettera a del Decreto -
legge 26 aprile 1993 n. 122, convertito, con modificazioni,
dalla legge 25 giugno 1993 n. 205, le parole "o religiosi"
sono sostituite con le seguenti: ", religiosi o relativi
all'orientamento sessuale".
2. All'art. 3 della legge 13 ottobre 1975,n.654 al comma 1,
lettera a), come sostituito dall'articolo 1 comma 1, del decreto
- legge 26 aprile 1993 n. 122, convertito, con modificazioni,
dalla Legge 25 giugno 1993 n. 205, le parole "o religiosi"
sono sostituite dalle seguenti: ", religiosi o relativi
all'orientamento sessuale".
3. All'art. 3 della legge 13 ottobre 1975,n.654 al comma 1,
lettera b), come sostituito dall'articolo 1 comma 1, del decreto
- legge 26 aprile 1993 n. 122, convertito, con modificazioni,
dalla Legge 25 giugno 1993 n. 205, le parole "o religiosi"
sono sostituite dalle seguenti: ", religiosi o relativi
all'orientamento sessuale".
4. All'art. 3 comma 1 del decreto - legge 26 aprile 1993 n.
122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno
1993 n. 205, le parole "o religioso" sono sostituite
dalle seguenti: ", religioso o motivato dall' orientamento
sessuale".
Capo III
Disposizioni integratrici
Art. 7
(Diritto alla riservatezza sessuale).
1. La Repubblica garantisce il diritto alla riservatezza sessuale.
È fatto divieto, a qualsiasi autorità pubblica,
di indagare, senza provvedimento motivato dell'Autorità
giudiziaria, sulla vita sessuale e sull'orientamento sessuale
dei cittadini, nonché di compilare, conservare o detenere
a tale scopo archivi elettronici, fascicoli o elenchi, o di
tener conto dell' orientamento sessuale degli interessati
nel rilascio di certificati o nella compilazione di note valutative.
I trasgressori sono puniti a norma dell' art. 323 del Codice
penale.
2. Chiunque riveli o agevoli in qualsiasi modo la conoscenza
di notizie raccolte, conservate o apprese in violazione del
divieto stabilito dal comma precedente è punito a norma
dell'art. 326 del Codice penale.
3. Tutti gli archivi, fascicoli o elenchi di cui al comma
1, eventualmente esistenti al momento dell'entrata in vigore
della presente legge, devono essere distrutti entro il termine
perentorio di trenta giorni.
Art. 8
(Educazione sessuale).
Nelle scuole di ogni ordine e grado, nell'ambito dei corsi
di informazione o educazione sessuale che si svolgano anche
a titolo sperimentale, e nello svolgimento della normale attività
didattica, è vietata ogni manifestazione di intolleranza,
dileggio, disprezzo, discriminazione o colpevolizzazione che
possa risultare traumatica o sia in grado di turbare lo sviluppo
della personalità di scolari o studenti omosessuali,
o che favorisca comunque il perpetuarsi di pratiche e atteggiamenti
discriminatori o intolleranti.
Art. 9
(Assicurazione sanitaria).
1. Sono nulle le clausole dei contratti di assicurazione sanitaria
che facciano dipendere, anche indirettamente, dall'orientamento
sessuale dell' assicurato un aumento dei premi o una limitazione
delle prestazioni assicurative rispetto a quanto generalmente
praticato. La nullità di tali clausole non comporta
l'invalidità dei contratti che le contengono, la cui
durata è prorogata di diritto a tempo indeterminato
salvo recesso o disdetta da parte dell'assicurato.
2. La prescrizione dell'azione per la ripetizione di quanto
corrisposto in eccesso dall'assicurato per l'intera durata
del rapporto rimane sospesa fino al momento della cessazione
del rapporto o fino alla presentazione della domanda di accertamento
giudiziale della nullità delle clausole discriminatorie.
Art. 10
(Sanzioni pecuniarie).
1. Nell'offerta, nelle proposte e nella stipulazione dei contratti
di assicurazione sanitaria, sono vietati i riferimenti, anche
indiretti, e le indagini, aventi ad oggetto l'orientamento
sessuale.
2. La violazione del divieto di cui al comma 1 è punita
con la pena pecuniaria da lire 10 milioni a lire 100 milioni.
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