Presentata
alla Camera dei deputati la più ampia legge per le
coppie gay e contro le discriminazioni antiomosessuali
Bologna,
31/03/1998
È stato presentato nei giorni scorsi alla Camera dei
deputati un progetto di legge (n. 4657) d'iniziativa di un
gruppo di deputati democratici di sinistra e di Forza Italia
(primo firmatario Antonio Soda), che, a giudizio dell'Arcigay,
che lo ha sollecitato e lo sostiene, costituisce la più
importante ed esaustiva proposta legislativa fin qui avanzata
in Italia a favore della realizzazione di una piena uguaglianza
formale dei cittadini omosessuali e dei loro diritti civili.
Il progetto prevede l'introduzione nell'ordinamento italiano
di un nuovo istituto giuridico, denominato "unione affettiva",
teso ad assicurare ai cittadini omosessuali la libertà
di regolare i propri reciproci rapporti giuridici e patrimoniali
sulla base dell'uguaglianza con quanto previsto, limitatamente
ai rapporti fra i coniugi, dalla legislazione matrimoniale:
come già accade da qualche anno in Danimarca e negli
altri paesi scandinavi, sul cui modello il progetto è
stato elaborato. Anche il progetto italiano non prevede che
la stipulazione dell'"unione affettiva" modifichi
in alcun modo lo stato degli eventuali figli dei contraenti.
Tale progetto renderebbe finalmente anche i cittadini omosessuali
stabilmente conviventi altrettanto liberi di scegliere quale
assetto attribuire ai propri reciproci rapporti giuridici
e patrimoniali quanto lo sono tutti gli altri cittadini. Esso
si affianca alle proposte, già da tempo depositate
in Parlamento, miranti alla tutela di tutte le famiglie di
fatto, e di tutte le convivenze volontarie, indipendentemente
dall'orientamento sessuale dei componenti (progetti sulle
"unioni civili"), che consentirebbero di scegliere
un regime giuridico più leggero e snello di quello
previsto dalla normativa matrimoniale e dal nuovo istituto.
Il progetto prevede inoltre un'ampia normativa antidiscriminatoria,
analoga a quella vigente in molti paesi dell'Europa occidentale
e in numerosi Stati degli Usa, che assimila la discriminazione
fondata sull'orientamento sessuale a quelle fondate sulla
razza, l'etnia, la lingua, il sesso, le appartenenze politiche
o religiose, vieta espressamente ogni forma di indagine o
schedatura amministrativa dei comportamenti sessuali, tutela
gli studenti omosessuali nelle scuole da manifestazioni di
intolleranza e colpevolizzazione e vieta discriminazioni nella
stipulazione di contratti di assicurazione sanitaria. Il nuovo
progetto costituisce finalmente un tentativo organico di attuazione
in Italia delle indicazioni contenute nelle risoluzioni approvate
da anni dal Parlamento europeo in materia di diritti civili
degli omosessuali.
Matrimonio,
convivenze, unioni civili: la "soluzione scandinava"
del progetto Soda
di
Felice Mill Colorni
L'avvenuta
presentazione alla Camera, negli scorsi giorni, di un progetto
di legge sui diritti degli omosessuali per iniziativa di un
gruppo di deputati democratici di sinistra e di Forza Italia
(primo firmatario Antonio Soda) suggerisce alcune importanti
considerazioni, anche alla luce di polemiche sviluppatesi
su queer-it nelle scorse settimane.
Non
c'è dubbio che, come "programma massimo",
come soluzione ideale, per il conseguimento della piena uguaglianza
giuridica fra i cittadini, la soluzione migliore per la regolamentazione
delle convivenze stabili fra omosessuali sarebbe costituita
dall'abolizione del requisito della diversità di sesso
per la stipulazione del matrimonio, e quindi dalla pari libertà
di scelta, uguale per tutte le coppie, sul regolamento da
attribuire ai propri reciproci rapporti. Così come
non c'è dubbio, a mio avviso, che la proposta di riconoscimento
delle convivenze di fatto (senza discriminazioni fra coppie
omosessuali ed eterosessuali) non poteva costituire certo
il "programma massimo" del movimento gay, come forse
erroneamente si era data l 'impressione che fosse. Non poteva
costituire il nostro programma massimo, perché non
si vede come avremmo potuto richiedere qualcosa di meno della
piena eguaglianza formale; era ritenuto tale erroneamente,
perché già il congresso di Rimini dell'Arcigay
aveva indicato nelle proposte per le "unioni civili"
il primo, e non certo l'ultimo, passo verso la realizzazione
dell'uguaglianza formale e della "pari dignità
sociale" (per usare la formula dell'art. 3 della Costituzione):
indicando come l'obiettivo di fondo avrebbe dovuto invece
essere costituito dalla piena attuazione della risoluzione
del Parlamento europeo dell'8 febbraio 1994, che invita gli
Stati membri a rimuovere "gli ostacoli al matrimonio
di coppie omosessuali ovvero [a introdurre] un istituto giuridico
equivalente, garantendo pienamente diritti e vantaggi del
matrimonio".
Va
d'altronde considerato che il problema del riconoscimento
delle unioni di fatto è distinto da quello dell'acquisizione
dell'uguaglianza formale per le famiglie omosessuali e risponde
a necessità ed esigenze solo parzialmente simili: tant'è
vero che si tratta di un problema annoso che esisteva ben
prima dell'interessamento del movimento gay e che continuerebbe
ad esistere anche quando fosse riconosciuto il diritto al
matrimonio per gli omosessuali. Sia per gli eterosessuali
che per gli omosessuali si porrà infatti sempre e comunque
il problema di tutelare in qualche modo (certo in modo meno
penetrante di quello assicurato dalla normativa matrimoniale,
perché altrimenti si frustrerebbe la libertà
di scelta di chi non intende sposarsi) il partner economicamente
più debole nella convivenza di fatto, dalle possibili
conseguenze catastrofiche derivanti dallo scioglimento della
relazione, volontaria o per morte di uno dei due partners;
e quello di risolvere i problemi, potenzialmente altrettanto
gravi, derivanti dalla sopravvenuta incapacità di uno
dei due.
Se
fin qui il movimento gay aveva puntato in Italia - come in
Francia - soprattutto sul riconoscimento degli effetti giuridici
delle convivenze (questo è, mi pare, il significato
politico e sostanziale delle proposte sulle "unioni civili"),
ciò era dovuto a due motivi. Da un lato la battaglia
per le unioni civili può contare sul cointeressamento
alla sua approvazione di milioni di famiglie di fatto, in
larghissima maggioranza eterosessuali, e quindi su interessi
diffusi di peso sociale, politico ed elettorale ben maggiore
di quello dei soli omosessuali: si riteneva insomma che la
battaglia per le unioni civili fosse, come primo passo, quella
meno difficile da portare a termine con successo. D'altro
canto (e qui si sconta, a mio avviso, ancora una volta, la
lontana matrice parasessantottina del movimento gay italiano)
vi era anche chi, contestando l'istituto del matrimonio come
istituzione "borghese" o "patriarcale",
lo riteneva inadatto a quello stile di vita "alternativo"
che avrebbe dovuto essere naturalmente fatto proprio, non
si sa perché, da tutti gli omosessuali: quasi che limitare
la loro libertà di scelta individuale fosse visto come
lo strumento di una pedagogia giacobina e autoritaria che
il "movimento" avrebbe dovuto patrocinare; questa
impostazione trascurava, fra l'altro, il fatto che il modello
della famiglia patriarcale non è più da anni
(in Italia almeno dalla riforma del 1975) il modello di famiglia
giuridicamente vigente nei paesi dell'Europa occidentale.
Ma,
anche a prescindere da quest'ultima impostazione (periodicamente
riaffiorante ma mai del tutto esplicitata negli ultimi anni,
e comunque espressamente rigettata, come si è detto,
dal congresso di Rimini dell' Arcigay), resta il fatto che
il riconoscimento delle convivenze, omosessuali ed eterosessuali
senza discriminazioni, è comunque un obiettivo importante
per tutti. E forse ancor più per gli omosessuali: è
probabile che, anche quando il matrimonio gay fosse una realtà,
non sarebbero moltissimi i gay che ne usufruirebbero, sia
per ragioni di visibilità, sia per le ragioni "ideologiche"
che si sono criticate in quanto si intenda imporne a tutti
l' osservanza con la forza di una legge, ma che, sul piano
individuale, costituiscono una rispettabilissima scelta di
vita (magari entrambi questi ordini di motivi potrebbero essere
addotti strumentalmente dal partner economicamente più
forte per non sottostare ad alcun vincolo giuridico ed economico).
Però è certo che è solo attribuendo anche
agli omosessuali la possibilità di contrarre matrimonio,
o di avvalersi di un istituto equivalente (che regoli cioè
i rapporti giuridici e patrimoniali fra i partners sulla base
dell'eguaglianza con quanto previsto per i rapporti fra i
coniugi nel matrimonio) che l'introduzione di una disciplina
per il riconoscimento giuridico delle convivenze svolgerebbe
effettivamente la stessa funzione per tutti, indipendentemente
dall'orientamento sessuale. Altrimenti, agli eterosessuali
resterebbe sempre e comunque una libertà di scelta
significativamente più ampia di quella riconosciuta
agli omosessuali.
L'avvenuta
presentazione di un progetto di legge, come il progetto Soda,
che mira ad estendere agli omosessuali la possibilità
di avvalersi (almeno per quel che concerne i rapporti reciproci
fra i partners) del medesimo regolamento giuridico previsto
dalla normativa matrimoniale, ha anche un' altra conseguenza
positiva di ordine tattico: fin qui i progetti sulle unioni
civili rappresentavano il massimo che era richiesto dalle
associazioni gay in materia di riforma del diritto di famiglia.
Ora invece, una convergenza sull'approvazione di tali proposte
potrebbe anche essere presentata come un compromesso, di fronte
alle più radicali proposte che sono state messe sul
tappeto (e se magari domani si trovasse un parlamentare disposto
a presentare un progetto di legge teso ad eliminare il requisito
della necessità della differenza di sesso per la celebrazione
del matrimonio, lo stesso progetto Soda, in futuro, ne guadagnerebbe:
purché ciò non fosse preso a pretesto di nuove
inutili batracomiomachie ideologiche fra gay). E, come primo
passo, per quanto insufficiente, l'approvazione della legge
sulle unioni civili non potrebbe che essere considerato un
grande passo avanti rispetto alla situazione esistente, se
non altro perché capace di risolvere un gran numero
di drammatiche situazioni concrete.
Oggi
siamo di fronte a un progetto sui diritti degli omosessuali
presentato assieme da deputati democratici di sinistra e di
Forza Italia. La convergenza è molto significativa,
così come è estremamente significativa la furibonda
reazione dell'Avvenire e dell'Osservatore romano, perché
una maggioranza favorevole ai diritti civili degli omosessuali
non può che essere, in Italia, una maggioranza di tipo
"divorzista": di fronte all' opposizione dei partitini
cattolici, la sola possibilità per leggi del genere
di trovare una maggioranza in Parlamento consiste nella convergenza
fra la sinistra (auspicabilmente la gran parte della sinistra)
e la parte laica e liberale della destra, al di fuori di ogni
accordo di maggioranza e di governo. Si tratta di un primo
grande risultato, che non vorrei venisse compromesso da un
certo atteggiamento un po' sessantottino ed estremo, che inopinatamente
ha fatto la sua comparsa su queer-it non più per bocca
di nostalgici dell'estremismo extraparlamentare di sinistra
di un tempo, ma di esponenti dei gruppi gay facenti riferimento
al centro-destra. Pur non riconoscendomi nelle posizioni del
centro-destra (sono da quando ho l'età della ragione
un liberale di sinistra), avevo salutato con estremo favore
la nascita di gruppi di pressione gay in quell'area politica,
ma non vorrei che, venendo meno agli iniziali buoni propositi,
cominciassero ad essere tentati di polemizzare più
con i gay della sinistra che con gli omofobi della destra
(che certo non sono meno numerosi o meno aggressivi e pericolosi
di quelli del centro-sinistra). Come ho detto, anch'io ritengo
che la soluzione più coerente e lineare sarebbe costituita
dall'abolizione della differenza di sesso come requisito necessario
per la celebrazione del matrimonio. Chiedere "tutto e
subito" è però il modo certo per non ottenere
niente e rinchiudersi in una sterile posizione di mera testimonianza
di principio (anche se magari, poste le cose su quel piano,
l'ostilità della destra e della sinistra nei nostri
confronti apparirebbero del tutto identiche ed ugualmente
irremovibili).
Il
progetto Soda, la cui presentazione è soprattutto il
frutto dell'attività di Luigi Valeri della segreteria
dell'Arcigay, trae origine da un progetto che avevo elaborato
tre anni fa e che invierò personalmente a chi me ne
farà richiesta (60 Kb in formato rtf, che è
il più universalmente condivisibile): credo che la
nota esplicativa che vi avevo allegato possa fugare le eventuali
obiezioni cui facevo riferimento.
Il
progetto Soda si compone in sostanza di due parti: una normativa
antidiscriminatoria (che ricalca pressoché esattamente
la mia originaria proposta, che era stata votata come mozione
dal congresso dell'Arcigay di Rimini e poi presentata l'anno
scorso al Senato dalla sen. Salvato del Prc), che estende
al caso dell'orientamento sessuale tutte le norme attualmente
in vigore contro le discriminazioni fondate sulla razza, l'etnia,
la lingua, il sesso, le appartenenze religiose o politiche;
e la parte sul "matrimonio", che ha come modello
la legislazione vigente da qualche anno in Danimarca e introdotta
in seguito anche negli altri paesi scandinavi: è precisamente
quello il modello che il progetto si propone di introdurre
anche in Italia.
La
differenza fra il modello scandinavo della "partnership
registrata" (definita nel progetto Soda "unione
affettiva") e il matrimonio tradizionale consiste in
sostanza in questo: non viene usato il "nomen juris"
(cioè la denominazione formale) di "matrimonio"
e non viene presa in considerazione tutta la problematica
riguardante la filiazione, che rimane inalterata. La ragione
è evidente: non sarà certo facile ottenere l'approvazione
di questo progetto (soprattutto per la parte riguardante le
"unioni affettive"); ma certo sarebbe del tutto
impossibile se si volesse affrontare fin d'ora, in un sol
colpo e nella stessa partita, anche la questione dei figli
(esercizio congiunto della potestà genitoriale, adozioni,
fecondazione artificiale). È noto come, non trovando
argomenti per contrastare un'elementare esigenza di uguaglianza,
la campagna clericale e razzista contro ogni forma di riconoscimento
delle convivenze gay si sia incentrata già da anni
(perfino prima che venissero formulate rivendicazioni formali
in tal senso!) sulla questione dei figli, capace di suscitare
ondate emotive che certamente nessuna forza politica se la
sentirebbe di affrontare. Del resto, neppure in Danimarca
e in Svezia si è stati in grado di ottenere subito
una piena equiparazione anche sotto quel profilo: pensare
che proprio in Italia si possa ottenere di più di quel
che è stato raggiunto in quei paesi (e proprio nel
momento in cui i partitini cattolici del centro-sinistra e
del centro-destra fanno valere al massimo la loro rendita
di posizione nei confronti dei rispettivi schieramenti) mi
pare del tutto fuori della realtà: nella migliore delle
ipotesi, la questione della filiazione potrà essere
posta sul tappeto, esattamente come sta accadendo in Danimarca,
il giorno dopo l'auspicata avvenuta approvazione del progetto
che è stato ora presentato. D'altra parte, il progetto
Soda è per il resto del tutto coerente nell'attribuire
alla "unione affettiva" ogni altra caratteristica
tipica del regolamento giuridico del matrimonio (art. 3 comma
1). La previsione di possibili "disposizioni di maggior
favore previste espressamente per la famiglia naturale fondata
sul matrimonio", per quanto la citazione dell'art. 29
della Costituzione possa essere considerata un po' fastidiosa
in questo contesto (comma 2), è meramente eventuale,
dato che tali disposizioni non esistono nel progetto per quel
che riguarda i rapporti fra i partners, e dato che, quand'anche
tale formula non fosse utilizzata, le cose non potrebbero
che stare comunque così, per effetto delle norme generali
sulla successione delle leggi nel tempo, trattandosi, com'è
ovvio, di un progetto di legge ordinaria (anche se l'approvazione
di leggi come questa produrrà certamente una maggiore
consapevolezza culturale fra gli operatori del diritto, più
favorevole all'applicabilità dell'art. 3 delle Costituzione
- anche nella sua attuale formulazione che fa riferimento
alle "condizioni personali" - al caso dell'orientamento
sessuale). L'ampia portata dell'equiparazione fra matrimonio
e "unione affettiva" si manifesta anche nella previsione,
contenuta nel progetto Soda, che le norme dei trattati internazionali
relative al matrimonio si applichino all'unione affettiva
per effetto del mero consenso dell'altro Stato contraente:
senza bisogno cioè di stipulare e ratificare nuovi
trattati.
In
sostanza credo che l'approvazione del progetto Soda possa
e debba costituire per i prossimi anni uno degli obiettivi
di fondo del movimento gay italiano. Mi auguro che, anziché
continuare a consumarsi in sterili polemiche interne e a profondere
tutte le proprie energie nella capitale questione dell'organizzazione
del "gay pride" una volta l'anno, gli omosessuali
di destra e quelli di sinistra, quelli dell'Arcigay e quelli
che non vi si riconoscono, gli amici e i nemici di Grillini,
vogliano mobilitarsi unitariamente, ciascuno con gli strumenti
che gli sono più congeniali e ciascuno negli ambienti
politici che considera più vicini o meno lontani dalle
proprie appartenenze o convinzioni, per portare prima o poi
all'approvazione un progetto che, se come tutte le iniziative
umane è perfettibile, rappresenta di certo quanto di
più avanzato è (forse) possibile ottenere in
Italia e quanto di meglio si è fin qui ottenuto nel
mondo.
|