Pregiudizi
sulle persone GLBT
di
Mariella Comerci
Dipartimento
Settori Pubblici CGIL Nazionale
"Che
c'entrano questi col sindacato?". La domanda, quasi mai
esplicita, si legge in faccia ai funzionari quando incontrano,
nei corridoi, nelle sale riunioni, alla mensa, le compagne
e i compagni degli "sportelli gay", dei gruppi di lavoro
sul "transessualismo e transgender", ecc.. Così come non
è facile rispondere alla domanda, anche questa quasi mai
diretta, del perché la Cgil, con tanti problemi che deve
affrontare tutti i giorni, debba occuparsi anche di questi.
Aldilà
della sotterranea morbosità insita sempre quando si toccano
temi che in qualche modo evocano la sessualità ed il sesso,
ed all'imbarazzo che, per esempio, fa spesso cominciare
gli interventi ad iniziative su questi temi con la dichiarazione
di pragmatica, "io sono eterosessuale, ma…", la domanda
è seria: "Esistono discriminazioni, anche sul lavoro, per
le persone omosessuali e transessuali?". Nell'articolo due
del nuovo Trattato per l'Europa, tra i "principi", si legge
che il Consiglio Superiore dell'Unione europea "può prendere
i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni
fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione
o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze
sessuali". Per la prima volta si riconosce anche l'orientamento
sessuale come causa di possibili discriminazioni dalle quali
le cittadine e i cittadini europei devono potersi difendere,
introducendo così un principio nuovo a livello giuridico
internazionale.
Un'occasione
per fare il punto sul tema è alla fine di luglio (29-31),
ad Amsterdam, la prima Conferenza mondiale su "Sindacati,
omosessualità e lavoro", organizzato dall'ILGA (associazione
internazionale gay e lesbica) e dal FNV-CNV (sindacato olandese);
un'occasione per discutere dei percorsi d'integrazione delle
cittadine e dei cittadini omosessuali, transessuali, travestiti
e trangender, e delle soluzioni possibili alle discriminazioni
che in particolare sui luoghi di lavoro incontrano; un appuntamento,
va ricordato, a cui la Cgil non arriva certo impreparata.
L'impegno
della confederazione su questi temi ha ormai una sua storia
consolidata, anche se tutt'altro che esente da limiti e
problemi. Non casualmente un ordine del giorno del Direttivo
nazionale del 15 e 16 gennaio '98 evidenziava il "permanere
della difficoltà e dell'imbarazzo dell'insieme dell'Organizzazione
per superare pregiudizi e diffidenze". L'ufficio Nuovi diritti
ha promosso nel tempo iniziative pubbliche di discussione,
ha partecipato a convegni, seminari, congressi delle principali
associazioni nazionali ed internazionali, sportelli di consulenza
ed ascolto nelle Camere del lavoro di Milano, Torino e Genova.
Ma, dopo anni d'attività, il gruppo di lavoro nazionale
sulle problematiche omosessuali nel mondo del lavoro ha
denunciato, nell'ordine del giorno di cui parlavo prima,
l'insufficienza numerica e l'assenza d'iniziative nelle
Camere del lavoro del Centro-Sud per gli sportelli di consulenza
gay.
Nello
Statuto della Cgil, al primo articolo, si legge che l'adesione
all'organizzazione comporta "piena eguaglianza di diritti
e di doveri nel pieno rispetto dell'appartenenza a gruppi
etnici, nazionalità, lingua, fedi religiose, d'orientamento
sessuale, culture e formazioni politiche, diversità professionali,
sociali e d'interessi, …". Questo comporta mettere in atto,
concretamente, anche per le persone omosessuali, una politica
di pari opportunità sul lavoro e attuare specifiche norme
antidiscriminatorie. E' necessario che l'organizzazione
nella sua interezza si assuma la responsabilità diretta
delle politiche antidiscriminatorie in generale e, in questo
caso, delle lavoratrici e dei lavoratori omosessuali. Non
è possibile che coloro i quali si occupano di questi problemi,
debbano continuare a lavorare in un clima di marginalità,
o, peggio, di tolleranza.
Un
importante capitolo sulla condizione omosessuale è rappresentato
dal fenomeno delle molestie sessuali, intese come qualsiasi
comportamento indesiderato a connotazione sessuale. Il testo
di legge in materia, già approvato al Senato (aprile '98)
e attualmente alla Camera, contiene spunti interessanti
oltre che un futuro valido supporto per molti casi di soprusi
nei confronti di lesbiche e gay. Alcuni Contratti nazionali
di lavoro prevedono da tempo norme di comportamento che
rafforzano la tutela della dignità delle persone nei luoghi
di lavoro.
La
condizione delle lesbiche e dei gay nel mondo del lavoro
è strettamente collegata alla percezione che la società
italiana ha della condizione omosessuale. Il pregiudizio
è diffuso, senza distinzioni di aree geografiche, dal Nord
al Sud del paese. Se "pregiudizio" è una "idea ed opinione
errata, anteriore alla diretta conoscenza di determinati
fatti o persone, fondati su convincimenti tradizionali e
comuni ai più, atta ad impedire un giudizio retto o spassionato",
sono proprio i "pregiudizi" sociali e religiosi che hanno
portato a considerare deviante e fuori della "grazia divina"
ogni relazione omosessuale, e quindi innaturale, immorale
e pericolosa per i valori della famiglia e della società.
Gli omosessuali, nell'immaginario collettivo, rappresentano
sia la confusione dei sessi, sia l'"eccesso" sessuale, come
tale vissuto come pericoloso perché abbinato al "disordine"
e opposto all'ordine. Naturalmente tutto questo vale per
l'omosessualità "esplicita".
A
partire dalla critica del femminismo, si è svelala l'incapacità
della logica binaria, che incasella le persone a due a due
(donna/uomo; omosessuale/eterosessuale, e cosi via), a descrivere
la realtà e a rendere l'infinità delle sfumature e delle
identità, tra cui non c'è un limite netto, e che hanno tutte
diritto di esistere. Gli omosessuali sono stati sempre discriminati
e attaccati sulla base dell'ideale di virilità e/o femminilità
della società maschilista, dando per scontato che il problema
fosse d'identità sessuale. Ma l'identità è un concetto emozionale,
culturale, non fisiologico, è legata al gender più che al
sesso. Essere gay o lesbica si riferisce all'oggetto del
desiderio, non all'identità sessuale, che può essere indifferentemente
maschile, femminile, attiva o passiva.
Esiste
un'ambiguità di fondo nell'approccio all'omosessualità,
come tutte le questioni che in qualche modo si collegano
al sesso e alla sessualità, sia nella destra sia nella sinistra.
Basti pensare alle recenti polemiche sulle "uscite" della
Pivetti e di Fini, ma anche all'isterismo che si è scatenato
recentemente intorno ai dibattiti sulla famiglia e al "registro
dei conviventi"; dibattiti che hanno visto spesso il formarsi
"innaturali" alleanze.
articolo
tratto da Rassegna
Sindacale numero 30
del
4
agosto 1998