Si
è insediata giovedì 16 dicembre 1999 la "Commissione per la
parità dei diritti e delle opportunità per le persone omosessuali".
Presentato il rapporto su leggi e omosessualità nel mondo
che pubblichiamo in anteprima.
Giovedì 16 dicembre a Roma, presso il Ministero per
le Pari Opportunità si è insediata la "Commissione per la
parità dei diritti e delle opportunità delle persone omosessuali".
Presieduta da Franco Grillini, la Commissione è composta da
7 persone: Marco Barbieri segretario, Maria Grazia Giammarinaro
magistrato, Maria Rosaria Marella giurista, Ezio Menzione
giurista, Marco Volante avvocato, Renato Pescara giurista.
Presente il Ministro Laura Balbo e il capo di gabinetto del
Ministero Corrado Carrubba, la Commissione ha esaminato il
rapporto sulla legislazione sull'omosessualità nel mondo redatto
dal Presidente Grillini e il programma di lavoro per i prossimi
mesi. Tra le altre iniziative della Commissione, che ha un
compito di consulenza e ricerca per il lavoro del Ministro
Balbo, ci sono alcune attività immediate come l'esame delle
norme discriminatorie, l'intervento sulla legislazione antidiscriminatoria,
lo studio della
normativa sulle coppie gay e lesbiche. La Commissione ha una
composizione prevalentemente giuridica proprio per favorire
il massimo impegno sul terreno delle leggi e dei diritti.
Il prossimo appuntamento è previsto per il 12 gennaio in occasione
del convegno sulle discriminazioni organizzato da Verdi alla
sala del cenacolo a Roma (vedi articolo nella rubrica “appuntamenti”).
“La legislazione relativa all’omosessualità nel
mondo”.
di Franco Grillini
Roma, martedì 5 ottobre 1999
Il rapporto affronta le principali aree dell’assetto
normativo che concerne gli omosessuali e muove da una ripartizione
in grandi aree geografiche coincidenti grosso modo con la
ripartizione tradizionale per continenti.
Il rapporto attinge a svariate fonti. Prevale il riferimento
a documenti, relazioni e interventi di associazioni e gruppi
omosessuali, anche se non mancano i richiami ad una letteratura
specialistica.
L’esame è inquadrato all’interno di un agile schema,
composto da vari capitoli, dedicati a temi che vanno dalla
liceità della condotta omosessuale alla difesa del lavoratore
omosessuale, dal riconoscimento delle unioni civili per coppie
dello stesso sesso alle discriminazioni nell’esercito
verso gli omosessuali.
Il rapporto cerca di far precedere le singole analisi da un
quadro di riferimento storico, che, pur senza approfondire
troppo le ragioni di carattere politico, sociale, religioso
o più genericamente culturale, che hanno indotto specifiche
scelte legislative, possa indicare l’indirizzo, la linea
di tendenza sul lungo periodo.
Il rapporto si presenta come una fotografia dell’assetto
normativo in materia dei diritti degli omosessuali nel mondo,
che ci auguriamo risulti utile sia allo studioso sia al politico
e/o legislatore che si proponga di affrontare concretamente
il problema.
A questo proposito il documento offre innanzitutto lo spunto
per riflettere sullo stretto rapporto fra contesto istituzionale
e condizione giuridica degli omosessuali. L’esame in
particolare degli Stati asiatici ed africani consente di riconoscere,
pur con importanti eccezioni, uno stretto collegamento fra
il carattere autoritario di un regime e la repressione che
si esercita anche nei confronti degli omosessuali; laddove,
al contrario, le democrazie, si caratterizzano per un atteggiamento
di crescente rispetto verso i cittadini di diverso “orientamento
omosessuale” (anche se va rilevato che non sempre alla
democraticità formale delle istituzioni corrisponde una piena
maturazione democratica della società, come dimostra il caso
dell’India). Appare inoltre chiaro che, all’interno
di quadro istituzionale illiberale, anche in presenza di una
legislazione non ostile, maggiori sono i rischi per gli omosessuali,
giacché restano, come tutte le minoranze, soggetti agli arbitrii
di un potere fuori dal controllo di istituzioni democratiche
e dell’opinione pubblica. Sempre con riferimento ai
paesi a regime dittatoriale o a democrazia incompiuta, diventa
interessante cogliere alcune differenze fra i diversi paesi,
a partire dai diversi dati culturali. Appare, per esempio,
evidente, che nei paesi di religione musulmana si assiste
ad una recrudescenza della repressione nei confronti dell’omosessualità
laddove è più spinta l’integrazione o la sovrapposizione
delle leggi dello Stato con le tradizionali norme coraniche.
Non sorprende per esempio che Stati come l’Iraq o la
Giordania, che in passato sono Stati avamposti nel processo
di laicizzazione delle istituzioni, siano fra i pochi Stati
arabi nei quali l’omosessualità sia ancora legale. Si
deve aggiungere che l’assenza di ogni riferimento a
reati connessi con l’omosessualità, lungi dal tollerarla
o favorirla, così come invece accade negli Stati indirizzati
verso la democrazia, consente spesso alla polizia, o alle
autorità militari destinate al mantenimento dell’ordine
pubblico, di reprimerla ugualmente, trovando appiglio in altri
reati, collegati di solito ad una definizione vaga di “comune
senso del pudore” o di “comportamento indecente”.
Se quindi nella gran parte dei paesi che non conoscono la
democrazia, il problema più urgente, resta in fondo la liceità
giuridica della condotta omosessuale, diverso è il caso degli
Stati che hanno un quadro istituzionale, pur tra contraddizioni
e limiti, di tipo democratico-liberale. Ovviamente le varianti
sono quasi infinite, ed è difficile confrontare alcune fragili
democrazie del Sud America con la realtà della Svizzera o
della Francia. Tuttavia proprio il caso del Sud America, pur
in presenza di un forte radicamento della religione cattolica,
offre le sorprese più positive.
Nei paesi di consolidata democrazia, le battaglie condotte
per i diritti degli omosessuali sembrano innanzitutto concentrarsi
con successo sul problema dell’età del consenso prevista
per la liceità dei rapporti omosessuali, che i codici tendono
ora ad uniformare all’età richiesta per un rapporto
eterosessuale, superando così una discriminazione fra le più
resistenti. Detto ciò, la nuova frontiera, resta quella del
riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, il passaggio
cioè dalla sola rivendicazione dei diritti per l’individuo
omosessuale, alla rivendicazione per la coppia omosessuale
della libertà di prescegliere l’assetto da attribuire
ai propri rapporti giuridici e patrimoniali. Rivendicazione
che non sembra aver un fine antidiscriminatorio di carattere
esclusivamente morale e astratto, giacché il riconoscimento
delle unioni fra persone dello stesso sesso consentirebbe
in concreto ai cittadini omosessuali di accedere ad alcuni
importanti benefici (diritti) previsti dal Welfare State.
Sulla via che porta al riconoscimento delle unioni civili,
restano da conseguire o consolidare obiettivi intermedi di
primaria importanza: dalla tutela dei diritti dei lavoratori
omosessuali alla realizzazione di una concreta normativa antidiscriminatoria.
Né sono da sottovalutare le discriminazioni ancora presenti
nelle istituzioni militari o i persistenti maltrattamenti
delle forze dell’ordine nei confronti dei cittadini
omosessuali.
Il rapporto affronta, infine, anche l’assetto normativo
che interessa i transgender e i transessuali nel mondo.
Europa
Lo status legale dell’omosessualità in Europa presenta
elementi di fortissima varietà, e insieme una tendenza, ancorché
debole, verso una più accentuata omogeneizzazione. Fenomeno,
quest’ultimo, legato ai processi di integrazione economica
e politica appena avviati o in fase di lento compimento. Si
pensi, per esempio, ai molti paesi europei, nati dalla dissoluzione
dell’ex Unione Sovietica o della ex Jugoslavia. Paesi
alla ricerca di una nuova collocazione diplomatica o geo-politica,
preoccupati in particolare di non restare esclusi da un organismo
come Il Consiglio d’Europa. Per questi paesi l’avvenuta
approvazione di nuove norme non più persecutorie o discriminatorie
nei confronti dell’omosessualità è in realtà in larga
parte il frutto delle pressione di organismi sovranazionali,
come il Consiglio d’Europa (si pensi al veto olandese
all’adesione della Romania proprio per la sua legislazione
antigay), più che di una maturazione della classe dirigente
nazionale a proposito dei diritti degli omosessuali.
Occorre infatti ammettere l’esistenza di un forte divario,
presente ancora in larga parte dei paesi europei, fra la percezione
dell‘omosessualità, e di conseguenza dei diritti degli
omosessuali, da parte della società e le norme che regolano
i comportamenti omosessuali. Se infatti l’omosessualità,
o più precisamente i rapporti “sodomitici” fra
uomini, restano illegali in diversi paesi europei, e precisamente
in Azerbaigian, Armenia, Georgia, Romania, S. Marino e Macedonia
(per quest’ultimo Stato la situazione è incerta), sono
ancora numerosi gli Stati nei quali gli omosessuali devono
affrontare la violenza di magistratura e polizia e insieme
una aggressiva censura della società. Sono, in altre, parole
ancora molti i paesi nei quali la fine di una legislazione
persecutoria nei confronti dell’omosessualità e degli
omosessuali è lontana dall’averne modificato in concreto
le condizioni di vita.
I casi più preoccupanti e dolorosi interessano proprio alcuni
paesi dell’ex Unione Sovietica, dell’ex Patto
di Varsavia e della ex Jugoslavia. Colpiscono, però, anche
le situazioni di Cipro e della Turchia.
Le motivazioni culturali e sociali di comportamenti discriminatori
nei confronti di gay e lesbiche sono spesso molto diverse.
Nei casi, per esempio, di Slovacchia e Croazia, gli attivisti
si sono trovati d’accordo nel ritenere che l’ostilità
verso gli omosessuali si dovesse a due ragioni diverse e convergenti:
da una parte l’abitudine ad una rigida codificazione
dei comportamenti, frutto velenoso dei precedenti regimi totalitari,
dall’altra la censura da parte della Chiesa cattolica
e della sue gerarchie. Emerge, quindi, la difficoltà innanzitutto
culturale di interiorizzare con pienezza i valori della democrazia,
e fra questi ovviamente il rispetto dei diversi stili di vita;
e nello stesso tempo si impone la realtà di una Chiesa cattolica
che, dopo essere stata un elemento di contraddizione e di
libertà rispetto al quadro politico precedente, sembra ora
irrigidirsi sulla posizione di uno stretto trasferimento dell’etica
cattolica nella legislazione.
Non andrebbe inoltre trascurato che per questi paesi è spesso
del tutto imprudente parlare di democrazie compiute. Il che
vale per alcuni paesi dell’ex blocco sovietico ma anche
per Cipro e Turchia.
Vi sono poi paesi dove il passaggio ad un nuova forma di Stato
non è affatto venuta a coincidere con un ricambio della classe
dirigente, sicché per esempio gli alti ufficiali dell’esercito,
ma la stessa polizia, perpetuano, quasi per inerzia, comportamenti
coerenti con la legislazione passata.
Se quindi possiamo registrare la fine sostanziale del divieto
per legge dell’omosessualità e quindi un elemento di
sostanziale unità fra tutti i paesi europei; non possiamo
però trascurare il dissolversi di questa unità e l’esistenza
di elementi fortemente discriminatori nei confronti dei gay
quando si passi ad un esame più dettagliato delle diverse
legislazioni.
Fra i principali elementi discriminatori verso gli omosessuali
presenti nei codici penali spicca l’età del consenso
(o età minima legale) diversa per eterosessuali e omosessuali
(più elevata per quest’ultimi), discriminazione spesso
fondata su una più generale discriminazione di sesso. E’
infatti diffusa la soluzione per la quale l’età minima
legale più elevata è riferita non a tutti i rapporti omosessuali,
ma in particolare ai rapporti “sodomitici” fra
uomini. E’ questo il caso dell’Estonia, della
Bielorussia, dell’Albania, della Croazia, e dell’Irlanda.
La tendenza più generale sembra tuttavia essere quella verso
una progressiva equiparazione dell’età minima legale
non fra i paesi, bensì all’interno di ciascuno Stato,
fra rapporti omosessuali (maschili e femminili) e rapporti
eterosessuali. Per quanto riguarda ancora le norme discriminatorie
collegate ai reati di natura sessuale colpisce il principio
per il quale le pene sono aggravate per coloro che hanno rapporti
sessuali con minori se tali rapporti sono di natura omosessuale.
In alcuni ordinamenti sono inoltre previste norme che puniscono
l’offesa al “comune senso del pudore” o
alla decenza pubblica”, norme che sanzionano in pratica
solo comportamenti omosessuali, mentre gli omologhi eterosessuali
(per esempio il bacio in luogo pubblico) non configurano un
reato.
Sono inoltre numerosi i casi, nei quali le espressioni cui
abbiamo fatto riferimento (“pubblico scandalo”
ecc..), consentono in realtà di punire l’omosessualità.
Il caso più drammatico resta quello della Romania. Sebbene
l’interdizione dell’omosessualità sia stata abrogata
di recente, si è introdotto nel codice una norma che punisce
“il pubblico scandalo” in riferimento all’omosessualità:
espressione entro la quale rientra anche il divieto di atti
sessuali omosessuali di cui sia giunta notizia a più persone.
La Romania, il Liechtenstein e S. Marino sono i paesi europei
nei quali è vietato per legge il diritto degli omosessuali
di associarsi e, con l’Inghilterra, quelli in cui è
proibito per legge “promuovere” l’omosessualità
(l’Inghilterra è tuttavia un caso del tutto peculiare.
L’esistenza della norma in realtà non impedisce una
libertà d’espressione quasi integrale). In Russia la
situazione è invece confusa, sicché la libertà d’associazione
e talvolta anche di espressione è spesso soggetta all’intervento
discrezionale delle forze dell’ordine, o della magistratura
preposta alla registrazione ufficiale delle libere associazioni.
In Ucraina si è avuta la prima “registrazione”
ufficiale di una associazione gay solo ai primi di dicembre
del 1999.
Nei paesi europei dell’area occidentale non esistono
significativi limiti alla libertà di espressione. La sola
eccezione interessa il materiale pornografico. Alcuni ordinamenti,
ma più spesso le abitudini consolidate delle forze dell’ordine,
creano seri problemi alla sua diffusione (come in Austria,
dove si ripetono sequestri periodici).
Uno delle questioni più urgenti per gli omosessuali europei
(come pure per transessuali e transgender) riguarda l’introduzione
di norme antidiscriminatorie, ossia norme che tutelino i cittadini
da qualsiasi discriminazione motivata dal loro orientamento
sessuale. Normativa questa particolarmente importante per
il suo risvolto simbolico, ma anche per i suoi possibili riflessi
concreti. L’area principale di riferimento è senza dubbio
quella scandinava. La Danimarca, la Svezia, la Norvegia sono
stati fra i primi paesi ad aver introdotto nei propri codici
penali norme che proibiscono ogni discriminazione motivata
dall’orientamento sessuale. Il riferimento all’orientamento
sessuale non è sempre esplicito, spesso la dizione è più generica,
tale però da includervi anche la discriminazione sulla base
dell’orientamento sessuale. Ai paesi scandinavi si debbono
aggiungere alcuni fra i principali Stati dell’Europa
occidentale, fra i quali le sole Olanda, Svizzera e Finlandia
prevedono articoli antidiscriminatori nelle Costituzioni,
mentre sia la Francia che la Spagna prevedono norme penali
antidiscriminatorie di rango ordinario.
Non è affatto casuale che in molti di questi paesi esista
o sia in via di approvazione una legislazione che riconosce
le coppie formate da individui dello stesso sesso (da ultima
la Francia con l’introduzione del Pacs, Patto civile
di Solidarietà). L’obbligo di non discriminare gli omosessuali
spesso ha condotto successivamente all’approvazione
di norme che equiparano non solo i cittadini di orientamento
sessuale diverso a tutti gli altri cittadini, ma anche coppie
formate da individui dello stesso sesso alle coppie eterosessuali.
Sono di nuovo i paesi scandinavi a svolgere la funzione di
traino. In questa area la soluzione giuridica ritenuta più
appropriata, almeno fino ad oggi, ancorché l’Olanda
appaia disponibile ad un’accelerazione che porterebbe
addirittura al riconoscimento del matrimonio gay (adozioni
comprese) per il 2000, è quella della cosiddetta “partnership”
registrata, ossia la registrazione di una condizione di convivenza
stabile (il periodo di tempo è variamente stabilito) fra due
persone anche dello stesso sesso, cui vengono associati gli
obblighi e i diritti previsti dall’istituzione matrimoniale
fra individui di sesso diverso con la sola eccezione del diritto
all’adozione (tranne l’Olanda). I doveri sono
quelli tradizionali della reciproca assistenza; i diritti
sono quelli previdenziali e assistenziali previsti per i coniugi
di un matrimonio eterosessuale.
Le coppie gay sono riconosciute anche in Olanda e Ungheria.
In Spagna la partnership è riconosciuta solo dalla Catalogna
e Aragona, regioni caratterizzate da una fortissima autonomia
legislativa e solo in alcuni ambiti. Sempre in Spagna, ma
in questo caso a livello nazionale, così come in Inghilterra
e in Francia, non ci sono veri e propri riconoscimenti delle
unioni fra persone dello stesso sesso, tuttavia per i contratti
di locazione, o per i benefici assicurativi, vi è esplicito
o implicito il riconoscimento di coppie di fatto fra persone
dello stesso sesso.
Il non riconoscimento delle coppie di fatto fra omosessuali
preclude la possibilità alle coppie omosessuali di adottare
figli. In numerosi paesi è tuttavia prevista la possibilità
di adozione da parte dei single. Ed è spesso questa la via
attraverso la quale gay e lesbiche riescono ad ottenere l’adozione
di un bambino. In Spagna, per esempio, chi deve decidere circa
l’idoneità del possibile padre o della possibile madre
non può porre ai candidati domande specifiche sul loro orientamento
sessuale.
Anche per quanto riguarda il tema del “parenting”,
le discriminazioni nei confronti di genitori naturali o acquisiti
omosessuali sono ancora la regola. Nello specifico, se una
coppia si separa, e uno dei due coniugi è un omosessuale dichiarato,
è molto improbabile che quest’ultimo possa ottenere
l’affidamento del bambino, anche se ciò non accade più
in alcuni paesi dell’Europa settentrionale. Tuttavia,
anche nei casi in cui il bambino sia affidato al genitore
omosessuale, qualora lo stesso genitore conviva con un compagno
o una compagna, tranne in un numero ridotto di ordinamenti,
e sempre nell’area scandinava, il nuovo compagno o la
nuova compagna non hanno alcuna possibilità di ottenere il
coaffidamento. Il che dà luogo ad una vera e propria discriminazione
sia nei confronti del genitore acquisito che del bambino (problema
dell’eredità, per esempio).
Si è in precedenza fatto riferimento alla diffusa ostilità
in molte aree del continente europeo nei confronti degli omosessuali.
Dato che emerge dall’elevato numero di violenze e aggressioni
ai danni degli omosessuali. Occorre tuttavia distinguere:
da una parte, i paesi dell’Europa orientale, e di alcuni
paesi dell’area mediterranea, dove la violenza è soprattutto
delle forze dell’ordine, con il sostegno complice dell’opinione
pubblica. Dall’altra i paesi occidentali, dove l’ostilità
nei confronti degli omosessuali non è più un dato diffuso,
e proviene soprattutto da frange estreme della società, aggressive
ma circoscritte ad ambienti emarginati o culturalmente svantaggiati.
Per quanto riguarda i transessuali, sono solo i tre paesi
che non riconoscono la ridefinizione di sesso, e cioè l’Irlanda,
Andorra e l’Albania.
Un enorme passo avanti per la situazione degli omosessuali
nei paesi membri dell’Unione europea potrà venire dall’applicazione
dell’art.13 del Trattato di Amsterdam, che detta la
procedura per l’adozione di una normativa antidiscriminatoria,
senza distinguere fra l’ambito tradizionale di tale
normativa (sesso, razza, religione, opinioni politiche, lingua,
ecc.) e quello relativo all’orientamento sessuale. Altrettanto
rilevante, come già accennato, il ruolo del Consiglio d’Europa,
che potrà risultare anche maggiore di quello attuale, alla
luce delle prospettate ipotesi di aggiornamento della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà
fondamentali, la cui applicazione è garantita dalla Corte
europea dei Diritti dell’uomo.
Asia
Lo status legale della condotta omosessuale nel continente
asiatico spesso fotografa le tradizionali differenze di civiltà
e di cultura fra i diversi Stati, cui si vengono a sovrapporre
ed aggiungere le differenze consolidatesi con i più recenti
sviluppi storico-politici o con gli altrettanto recenti fenomeni
di industrializzazione accelerata. Sommariamente possiamo
parlare di subcontinente indiano, caratterizzato da una sostanziale
uniformità dei codici, spesso identici a quello indiano. Sono
i casi del Nepal e del Buthan. Vi è poi il sud est asiatico,
sia nella sua area non musulmana, dalla Cambogia alla Tailandia,
sia in quella di religione prevalentemente musulmana, Malesia
e Indonesia. Un discorso a parte merita la Cina e infine i
paesi di forte industrializzazione, dal Giappone a Taiwan.
Nell’area del subcontinente indiano l’omosessualità
è reato. La situazione sembra però destinata ad avere sviluppi
incoraggianti, seppur tra molte e pericolose contraddizioni.
Si può innanzitutto riscontrare un concreto ammorbidimento
delle pene. Per un reato collegato alla pratica omosessuale
i tribunali non comminano le pene previste dall’ordinamento,
assai pesanti, ma tendono ad attenuarle. Nascono e sono sempre
più visibili gruppi e associazioni omosessuali, che conducono
una coraggiosa battaglia politica: un’associazione lesbica
indiana ha per esempio pubblicamente chiesto il riconoscimento
delle coppie omosessuali. Nel paese si dibatte sui problemi
collegati all’omosessualità grazie anche a contributi
isolati, ma sempre più numerosi, di registi e scrittori.
A fronte di questi segnali positivi si registra l’inquietante
crescita di movimenti religiosi e nazionalisti fortemente
omofobici, che premono non solo per un irrigidimento delle
pene nei confronti degli omosessuali, ma anche e soprattutto
per una forte riduzione della loro libertà. Esemplare il caso
del film Fire, di argomento lesbico, osteggiato da una violentissima
campagna dei gruppi nazionalisti più intransigenti.
Peculiare è la situazione della penisola indocinese, dove
è culturalmente radicata una forte tolleranza sessuale. Cambogia,
Tailandia, Vietnam sono paesi nei quali l’omosessualità
non è nemmeno menzionata nel codice penale. I comportamenti
omosessuali inoltre non sono censurati dalla collettività,
purché non interferiscano con il dovere di ciascuno di dare
vita ad una famiglia e di avere dei figli.
Più complessa, invece, la situazione nei paesi di religione
musulmana, siano la Malesia, il Pakistan, l’Iran o l’Afghanistan.
Nell’Afganistan, in particolare la condizione degli
omosessuali è drammatica. La conquista del potere da parte
degli integralisti islamici Talibani e l’adozione delle
norme coraniche, ha avuto come conseguenza l’introduzione
della pena di morte per i reati collegati all’omosessualità
(che viene eseguita negli stadi con atroci modalità).
In Pakistan sono in realtà pochi i casi di condanne per reati
di omosessualità. La presenza però di norme che puniscono
l’omosessualità consente alle forze dell’ordine
di ricattare gli omosessuali, sottoponendoli ai più odiosi
arbitrii.
Anche in Malesia sono relativamente poche le condanne per
reati collegati all’omosessualità tuttavia il ruolo
crescente del fondamentalismo islamico non lascia ben sperare,
come dimostra anche l’arresto dell’ex primo ministro
con l’accusa di sodomia, o ancora la costituzione di
gruppi di vigilantes incaricati di denunciare coloro che abbiano
comportamenti antiislamici e fra questi gli omosessuali.
Diverso è il caso delle Filippine, di religione prevalentemente
cattolica, e con un regime politico di tipo democratico. Le
Filippine conoscono un’intensa attività del movimento
gay, con la costituzione di gruppi e l’organizzazione
di manifestazioni pubbliche, come la marcia per il gay pride.
Nel codice penale filippino non esistono norme discriminatorie
nei confronti degli omosessuali.
Sul piano strettamente legale la Cina dovrebbe ammettere la
liceità dell’omosessualità, anche se la natura autoritaria
del suo quadro istituzionale, l’assenza di certezza
del diritto, fa sì che anche gli omosessuali siano spesso
soggetti all’altalenante giudizio che le autorità di
Pechino danno del fenomeno. Non è perciò infrequente assistere
a inopinate aperture, seguite da repentini irrigidimenti.
Sono infine ancora numerose le azioni illegali di repressione
della polizia nei confronti degli omosessuali.
Nell’esame dei paesi asiatici, caratterizzati da una
società capitalistica in consolidato o costante espansione,
il quadro generale è ancora una volta vario. In Giappone,
nonostante l’aperta ostilità di settori importanti della
classe dirigente, la società sta maturando una sempre maggiore
consapevolezza rispetto ai diritti degli omosessuali. Aiutata
in questo, soprattutto dalla magistratura, che con alcune
sentenze esemplari ha spesso contraddetto decisioni discriminatorie
di autorità politiche locali o nazionali. Anche la libertà
di associazione è ormai una realtà assodata del paese, e sono
numerosi i gruppi gay e lesbici che promuovono iniziative
culturali e politiche. Il Giappone è inoltre uno dei pochi
paesi asiatici con un’identica età minima del consenso
per rapporti eterosessuali e omosessuali. Più difficile invece
la situazione per i gay sudcoreani, spesso osteggiati dalle
autorità politiche che considerano l’omosessualità come
fattore disgregante della nazione. Sicché, pur essendo lecita
sul piano del diritto, la condotta omosessuale è ancora soggetta
a gravissime discriminazioni.
Africa
Si deve innanzitutto sottolineare che spesso le notizie sullo
status legale dell’omosessualità nel continente africano
sono del tutto incerte. Accade, per esempio, che in più di
una circostanza ci sia contraddizione fra i risultati dell’esame
del codice penale di un singolo paese e le dichiarazioni delle
autorità politiche di quel paese medesimo. Spesso non è l’ostilità
nei confronti degli omosessuali quanto la negazione stessa
della loro esistenza a impedire di raccogliere maggiori informazioni.
Anche per l’Africa non si può impostare un esame generale
e unitario, anche se un dato prevalente è il carattere illegale
dei rapporti omosessuali pur fra adulti consenzienti. Tuttavia
il divieto ha una formulazione, un’applicazione, e motivazioni
diverse secondo le aree, geografiche, storiche, culturali
e politiche.
La prima area che prenderemo in esame è quella del Nord Africa,
formata da paesi di popolazione prevalentemente araba e di
religione prevalentemente musulmana. E’ questa una regione
dove l’onda montante dell’integralismo islamico
ha eroso o sta erodendo le fondamenta laiche dei nuovi Stati
nati dai processi di decolonizzazione, come dimostra il caso
della Libia (caso di introduzione delle leggi coraniche dall’alto)
dove un codice penale tollerante verso i rapporti omosessuali
fra adulti consenzienti, fondato sul codice napoleonico e
poi su quello italiano, è stato emendato in senso fortemente
repressivo negli anni settanta. Gli atti omosessuali sono
esplicitamente proibiti, siano essi commessi da uomini o donne.
Le pene previste si attestano spesso fra i 2 e i 5 anni.
Il solo paese dell’area nel quale l’omosessualità
sia legale è l’Egitto, non a caso uno fra i pochi paesi
arabi avviato verso la democrazia. Tuttavia anche in Egitto
la liceità degli atti omosessuali non impedisce forme di discriminazione.
Non esiste alcun dibattito pubblico sul problema, e anzi il
rafforzarsi dell’integralismo islamico induce le autorità
politiche egiziane a non affrontare il problema per non urtare
le autorità religiose e quindi rompere equilibri delicati
per la stabilità stessa dello Stato. La questione è stata
toccata in parte solo dalle élite studentesche, nel quadro
più generale del problema della censura e della libertà di
espressione.
Nel contesto della cosiddetta Africa nera emergono con chiarezza
due grandi aree, la prima che riunisce i paesi di lunga colonizzazione
francese (Africa nera centro-occidentale) e la seconda che
riunisce gli stati di colonizzazione inglese. Nei paesi francofoni
i comportamenti omosessuali sono in genere legali: Repubblica
centroafricana, Ciad, Gabon Costa d’Avorio. Dove però
la religione prevalente è la religione musulmana (per es.
Senegal, Mali) l’omosessualità è illegale, e come accade
nei paesi nordafricani il divieto di rapporti omosessuali
è indicato esplicitamente nel codice penale e riguarda sia
gli atti omosessuali maschili che femminili. Le notizie non
sono molte, ma sembra legittimo ritenere che nei paesi francofoni
di religione musulmana sia inoltre molto più accentuata l’ostilità
da parte della società nei confronti degli omosessuali.
Nell’area dei paesi anglofoni, tranne una sola eccezione,
seppure straordinaria, l’omosessualità è illegale. I
codici, caratterizzati da fortissime analogie, in realtà vietano
i rapporti omosessuali maschili, mentre dell’omosessualità
femminile spesso non si fa nemmeno menzione. I rapporti omosessuali
maschili sono considerati reato in quanto “conoscenza
carnale contro l’ordine della natura” o perché
“atti bestiali” che offendono “la moralità
pubblica”.
E’ interessante però notare che proprio nei paesi anglofoni,
in un quadro innanzitutto giuridico-istituzionale non solo
difficile ma addirittura pericoloso, si sta sviluppando un
dibattito pubblico sui temi collegati alle libertà e ai diritti
degli omosessuali promosso da attivisti gay africani. Dibattito
pubblico che vede tra l’altro un inquietante dato comune:
la virulenza verbale di uomini politici di primissimo piano.
Basti i citare i casi del Kenya, dello Zimbabwe, dello Zambia,
della Namibia, dove le massime autorità politiche, evocando
la difesa dei valori nazionali o una stereotipata definizione
dei sessi, aggrediscono e minacciano le organizzazioni omosessuali
che faticosamente conducono in particolare attività di informazione
e volontariato sul problema dell’Aids. E’ perciò
in atto un vero e proprio braccio di ferro che ha perlomeno
il merito di attirare l’attenzione dei media internazionali
sulla condizione degli omosessuali africani.
Potrebbe avere un ruolo centrale nello sviluppo dei temi omosessuali
il Sud Africa, anche per il suo notevole peso politico ed
economico. La repubblica sudafricana ha non solo abrogato
tutte le norme che proibivano i rapporti omosessuali ma ha
addirittura introdotto un articolo nella propria Costituzione
che vieta ogni discriminazione motivata dall’orientamento
sessuale. Di più, all’interno dell’ANC (African
National Congress), partito al governo del paese, sembrano
addirittura maggioritarie le posizione di chi vorrebbe introdurre
il riconoscimento delle unioni formate da individui dello
stesso sesso, con i doveri e diritti connessi, dall’adozione
all’inseminazione artificiale. Intanto, la commissione
che è incaricata di valutare i problemi dell’immigrazione
ha invitato a riconoscere le coppie di fatto costituite da
persone dello stesso sesso, mentre la Corte Suprema sudafricana
ha emesso una sentenza che riconosce il diritto di cittadinanza
ai partner stranieri dello stesso sesso.
Medio Oriente
La condizione legale degli omosessuali in Medio Oriente non
è che il riflesso del forte deficit di democrazia e insieme
del carattere confessionale di molti Stati in questa area.
Paesi che appartengono a campi diplomatici ormai opposti,
come l’Arabia Saudita e l’Iran, si ritrovano uniti
nella proibizione assoluta dei comportamenti omosessuali,
reato assimilato a “peccato davanti a Dio”, nel
consueto sovrapporsi di norme giuridiche con considerazioni
di carattere religioso. Il divieto, come in gran parte dei
paesi musulmani, riguarda sia i rapporti omosessuali maschili
che femminili, ed è previsto esplicitamente dal codice penale.
Particolarmente drammatico per quanto riguarda l’Iran
è però il problema della pena. Gli omosessuali uomini e donne
(sebbene la donna debba essere recidiva) possono infatti essere
condannati alla pena capitale. Eventualità tutt’altro
che remota, dal momento che rapporti di Amnesty International
confermano come nei primi anni novanta siano state eseguite
numerose condanne a morte nei confronti di gay e lesbiche.
I soli paesi dove l’omosessualità non è punita per legge
sono la Giordania e l’Iraq, paesi peraltro dove i processi
di laicizzazione dello Stato hanno resistito o stanno resistendo
all’urto dell’integralismo islamico. Anche per
questi Stati l’omosessualità resta però un vero e proprio
tabù, e non esiste alcun dibattito pubblico che ammetta anche
solo l’esistenza di individui omosessuali.
Resta infine da considerare Israele, non a caso il solo paese
dell’area con una solida democrazia di stampo occidentale.
Dopo una ventennale storia di sola tolleranza nei confronti
dell’omosessualità, Israele sembra ora deciso ad affrontare
il tema dei diritti degli omosessuali e delle coppie formate
da individui dello stesso sesso, come dimostra la presenza
nel parlamento israeliano di una sottocommissione incaricata
di esaminare i problemi di gay, lesbiche, transessuali e transgender
. Fra i primi paesi ad affrontare la discriminazione nei confronti
degli omosessuali nelle forze armate, Israele sta progressivamente
rimuovendo, anche grazie all’azione illuminata della
Corte Costituzionale, tutti gli ostacoli sulla via di un riconoscimento
pieno dei diritti delle coppie formate da individui dello
stesso sesso. Non esiste, in altre parole, una legge sulle
unioni fra individui dello stesso sesso, tuttavia in diverse
aree, previdenziale o sanitaria, si tende a riconoscere ai
partner di una coppia omosessuale gli stessi diritti e benefici
previsti per una coppia eterosessuale di fatto.
Ovviamente anche il tema dei diritti omosessuali è materia
di aspri conflitti fra l’anima laica e quella integralistico-religiosa
di Israele.
Nord America
Nell’ambito del nord America gli USA rappresentano sicuramente
il paese più interessante sia per la storia del movimento
gay dal dopoguerra in poi, sia per la legislazione che ne
è seguita sulla base delle pressioni degli stessi gruppi gay.
Anche gli USA sono uno Stato federale che assegna ai singoli
Stati la possibilità di legiferare nelle materie riguardanti
il diritto di famiglia, il costume, la legislazione matrimoniale,
la normativa antidiscriminatoria. Recentemente il Governatore
della California Gray Davis “has signed a landmark package
of new laws extending protections for gays and lesbians in
schools, the workplace and their own homes” (Reuters,
3 ottobre ‘99). I gruppi contrari hanno subito minacciato
di ricorrere ai tribunali contro questa iniziativa che invece,
ovviamente, ha incontrato il favore e l’approvazione
dei gruppi gay in quanto questi provvedimenti possono essere
un buon precedente per estendere una legislazione analoga
su tutto il territorio nazionale (“Gay rights groups
hailed Davis' move as setting an important new national precedent
for gay rights protections”, Reuters, 3 ottobre ’99).
Questo tipo di normativa è in parte già in vigore anche in
altri Stati: Wisconsin, Massachusetts e Connecticut.
In molti Stati però sussiste tuttora la legislazione “antisodomia”
retaggio dell’America puritana e precedente l’indipendenza.
Sono 22 su 50 gli Stati USA che vietano i rapporti “sodomitici”
anche tra adulti consenzienti, anche se eterosessuali regolarmente
coniugati. Si distinguono per il rigore repressivo alcuni
Stati come lo Utah che è caratterizzato dalla forte egemonia
della setta religiosa dei mormoni, particolarmente omofobica
e sessuofobica (nonostante la presenza al suo interno di un
piccolo ma agguerrito movimento gay). Proprio l’estrema
difficoltà di una vita alla luce del sole come omosessuali
per i gay americani che hanno la sventura di nascere nel posto
sbagliato, nello Stato sbagliato, o nel profondo sud del paese
o nelle sterminate campagne dove, talvolta, sopravvive e prospera
il razzismo neonazista degli incappucciati del Ku Klux Klan,
ha portato al fenomeno della migrazione interna di milioni
di gay e lesbiche, che si sono concentrati in alcune città
e in alcune località rifugio dove la comunità ha finito per
acquisire un grandissimo peso sia in termini propriamente
quantitativi, sia in termini di potere economico e di influenza
politica. Si calcola che “l’omomercato”
negli USA sia valutabile nell’ordine dei 500 miliardi
di dollari all’anno. Mentre anche in termini elettorali
il peso del voto gay e lesbico è ragguardevole. Nell’elezione
di Bill Clinton nel 1992 ben l’80% dei gay e delle lesbiche
americani hanno votato per il Presidente democratico, favorendone
in modo decisivo la vittoria sullo sfidante repubblicano (i
repubblicani hanno posizioni prevalentemente omofobiche, soprattutto
da quando la “destra religiosa” ha assunto un
peso rilevante all’interno del partito nel corso degli
ultimi anni: e ciò nonostante la presenza fra le fila stesse
dei repubblicani di una piccola ma combattiva lobby gay).
Nelle città dove si è concentrata la presenza gay (S. Francisco,
New York, Los Angeles, Key West, Seattle, ecc.) la capacità
di pressione dei gruppi gay è tale che persino la destra repubblicana
in quelle località usa toni concilianti verso gay e lesbiche.
Recentemente lo stesso Bill Clinton è intervenuto ad un incontro
con 1000 rappresentanti della comunità omosessuale di Los
Angeles in California affermando con enfasi che “L’America
ha bisogno di voi. Credo all'avvenire dell'America e voi ne
fate parte''. Probabilmente il Presidente USA vuole farsi
perdonare dalla comunità gay lesbica americana una certa delusione
per le promesse che non ha potuto mantenere in materia legislativa
e di riforme gay friendly. In primo luogo per quanto riguarda
la non discriminazione degli omosessuali nelle forze armate,
prima promessa e poi, sotto il peso delle pressioni dei militari,
per lo più fieramente contrari a qualsiasi apertura verso
la presenza gay nell’esercito, ritirata con l’italianissimo
compromesso denominato “don’t ask don’t
tell”, non chiedere non dire: anche perché una soluzione
più liberale sarebbe stata capovolta dalla maggioranza repubblicana
del Congresso, che avrebbe superato il decreto amministrativo
presidenziale con una normativa ancor più repressiva di quella
vigente, e di rango superiore. Così nessun omosessuale può
essere ammesso nelle forze armate USA ma nessuno può chiedere
a un militare se è o non è gay. Proprio su questo però il
presidente Clinton ha ammesso che questa strategia non ha
funzionato e che i vertici militari mostrano una resistenza
tutt’altro che superata. Anche sul fronte del riconoscimento
giuridico delle coppie gay il Presidente democratico ha deluso
le promesse elettorali e le aspettative della comunità, firmando
la legge che consente agli Stati USA di non riconoscere sul
proprio territorio l’eventuale coppia gay riconosciuta
da uno Stato membro dell’unione. Ciò è avvenuto in seguito
alla sentenza di una Corte delle Hawaii, che dichiarava la
legalità delle coppie gay, respinta poi da un referendum popolare
e da una successiva sentenza sfavorevole della Corte Suprema.
Ciò nonostante, sono parecchie le città dove per una coppia
gay è possibile ricevere in affidamento un minore (anche se,
spesso, si tratta dei cosiddetti “trash children”,
i bambini che nessuno vuole, quelli ammalati di AIDS o severamente
handicappati) come per es. New York (vedi il caso di Bret
Shapiro e del suo compagno - il giornalista dell’Espresso
Giovanni Forti la cui morte per AIDS suscitò forte emozione
in Italia - a cui fu dato in adozione un bambino di origine
asiatica la cui storia è raccontata dal regista Mariano Lamberti
nel film “Storia d’amore in 4 capitoli e mezzo”).
Sono molti anche gli Stati che non si sono limitati ad introdurre
una legislazione antidiscriminatoria, ma hanno dato vita a
normative “positive” che tentano di superare il
gap tra la minoranza omosessuale e il resto della popolazione.
Proprio su queste normative positive si sono svolti, su pressione
della destra clericale e fondamentalista, alcuni referendum
abrogativi che hanno dato alterni risultati, come in Colorado,
dove la Corte Suprema è intervenuta ad invalidare il referendum
che aveva abrogato la legislazione avanzata in materia (proprio
contro il Colorado era stata avviata una campagna di boicottaggio
delle famose piste sciistiche di Aspen per protestare contro
l’esito del referendum abrogativo).
In un quadro normativo assai favorevole nei confronti delle
rivendicazioni degli omosessuali, il Canada ha peraltro un
elemento in qualche misura contraddittorio in una età minima
legale che è più elevata nei casi di rapporti anali, siano
essi omosessuali o eterosessuali. Il Canada è un paese federale,
soggetto quindi a una varietà di norme. Sono però vigenti
a livello federale The Charter of Rights and Freedom e The
Human Rights Act, che rappresentano una efficace difesa contro
ogni discriminazione motivata dall’orientamento sessuale
sia essa commessa dallo Stato o dai singoli cittadini, e a
partire dalla quale le associazioni gay hanno condotto e stanno
conducendo una sistematica battaglia nei tribunali affinché
vengano riconosciuti alle coppie formate da individui dello
stesso sesso tutti i diritti e i benefici previsti per le
coppie eterosessuali.
Sud America
Il dato che più colpisce del Sud America è il divario enorme
fra una legislazione in materia di diritti collegati all’omosessualità
che è virtuosamente indirizzata nel senso di un riconoscimento
e allargamento dei diritti medesimi e una situazione concreta,
data dai rapporti fra le comunità gay e le forze dell’ordine,
o fra gli omosessuali e i settori più tradizionalisti della
società, spesso drammatica e conflittuale. Non c’è dubbio
che il Sud America, ancorché su alcune situazione africane
in realtà manchino di informazioni, sia l’area nel mondo
dove le violenze nei confronti di omosessuali, travestiti
e transessuali sono più numerose. Gli omicidi di gay e travestiti
toccano cifre impressionanti, le aggressioni della polizia,
le irruzioni illegittime nei luoghi di incontro gay sono quotidiane.
E’ vero peraltro che spesso le violenze nei confronti
dei gay rientrano in contesti, come per esempio alcune regioni
della Colombia o del Brasile, dove condizioni sociali ed economiche
specifiche hanno prodotto una situazione di violenza generalizzata.
Si deve tuttavia registrare un dato importante, ossia che
l’omosessualità nel continente sudamericano non è più
illegale (ad eccezione della Guyana). Nel 1998 anche il Cile
ha abrogato la norma che puniva gli atti sessuali omosessuali
fra adulti consenzienti, retaggio del regime autoritario instaurato
da Pinochet.
A questo però si deve aggiungere lo sforzo costante di molti
paesi sudamericani di andare oltre, ossia di affrontare il
superamento della più generale discriminazione verso i cittadini
omosessuali nei codici. E in questo senso i risultati sono
sorprendenti. In Colombia nel corso degli ultimi anni la Corte
Costituzionale si è espressa contro ogni forma di discriminazione
nei confronti di studenti, docenti e poliziotti omosessuali.
In Ecuador nel 1998 si è addirittura introdotta nella Costituzione
un articolo contro ogni discriminazione, motivata anche dall’orientamento
sessuale. Una norma analoga è contenuta nel progetto di nuova
Costituzione venezuelana attualmente in discussione. In Brasile
si è andati molto vicino all’approvazione di una legge
sul riconoscimento delle unioni anche fra persone dello stesso
sesso. In Argentina la cassa previdenziale per gli insegnanti
riconosce le coppie fra individui dello stesso sesso e così
una cooperativa bancaria dell’Uruguay.
Si deve inoltre sottolineare che questo complesso di importanti
conquiste sono spesso il frutto del successo delle pressioni
dei movimenti omosessuali da una parte, dell’azione
illuminata di settori della magistratura dall’altra,
e di un certo understatement di parte di settori della Chiesa
cattolica sudamericana dall’altra. E’ il caso
per esempio della proposta relativa al riconoscimento delle
unioni formate da persone dello stesso sesso in Brasile. La
Chiesa cattolica brasiliana dapprima espresse alcune perplessità
sul provvedimento ma poi finì per attestarsi su posizioni
almeno possibiliste. Fu solo per l’intervento del Papa,
almeno secondo i commentatori politici, che la Chiesa cattolica
brasiliana fu indotta a mutare il proprio atteggiamento.
In fondo anche la classe politica sudamericana, tranne gli
estremisti di turno, si è mantenuta spesso in una posizione
d’attesa, limitandosi a non ostacolare l’azione
della magistratura o a registrarne le scelte.
Un altro dato significativo è la straordinaria crescita in
termini anche di capacità politica dei movimenti gay e lesbici
sudamericani. Spesso in un clima ostile, le associazioni ed
i gruppi non solo creano le condizioni o i luoghi per incontrarsi,
ma sempre più spesso organizzano azioni pubbliche di lotta
politica. Accade in particolare in Argentina e Brasile ma
anche in Perù e Colombia.
Molto problematico è il rapporto della comunità omosessuale
con le forze dell’ordine, che spesso godono di una pericolosa
autonomia. Gli arbitrii della polizia ai danni di gay, lesbiche
e transgender in quasi tutti i paesi dell’America latina
sono all’ordine del giorno. Sono per lo più, quelle
sudamericane, forze dell’ordine con un livello di consapevolezza
democratica molto basso, a volte sopraffatte da furori giustizialisti
nei confronti dei diversi, giudicati responsabili di un clima
difficile e socialmente disarmonico. Ma sono anche forze dell’ordine
corrotte, che cercano di trarre profitto economico dagli abusi
possibili nei confronti di categorie considerate deboli come
quella degli omosessuali. Ciò si rende possibile, innanzitutto
per una mancanza di controllo da parte delle autorità politiche,
e poi per la presenza residua nei codici di reati, come quello
dell’”offesa al pubblico pudore” che vengono
appunto utilizzati dalla polizia per arrestare e fare pressione
sugli omosessuali.
America centrale
Nei paesi dell’area caraibica, come La Giamaica, o le
Bahamas, l’omosessualità resta illegale. In Giamaica,
in particolare, sono illegali i soli rapporti omosessuali
maschili. La situazione di Cuba è in via di miglioramento,
ossia, dopo anni di persecuzioni sistematiche, gli omosessuali
sono ora per lo più tollerati. Sono nate alcune associazioni
che si occupano dei problemi dell’Aids, è consentito
a scrittori e registi di rappresentare l’omosessualità
e alcuni gruppi gay si sono potuti incontrare con altri gruppi
gay stranieri. Significativi passi in avanti che non assicurano
però sul futuro. La natura autoritaria del regime castrista
espone la comunità omosessuale agli arbitrii delle forze dell’ordine,
come dimostrano le irruzioni frequenti della polizia nelle
discoteche omosessuali e le loro ripetute chiusure.
Contraddittoria la situazione degli altri paesi centroamericani
di lingua spagnola. Rilevanti sono i progressi compiuti dal
Messico, che ha abrogato ogni norma che proibiva gli atti
omosessuali fra adulti consenzienti. La classe dirigente messicana
sembra inoltre disponibile ad ulteriori concessioni alla comunità
omosessuale. La situazione del Messico è in fondo molto prossima
a quella dei paesi sudamericani: forte miglioramento della
condizione legale degli omosessuali, ma contemporaneo perpetuarsi
di aggressioni da parte in particolare delle forze dell’ordine.
Emerge invece un vero proprio dato di regresso per alcuni
paesi della regione, come Nicaragua, El Salvador, Honduras.
Nel Nicaragua soprattutto, dopo l’elezione di Violeta
Chamorro, è stata reintrodotta la norma che proibisce gli
atti omosessuali fra adulti consenzienti, abrogata a suo tempo
dai sandinisti dopo la caduta del dittatore Somoza. Su questa
norma si è inoltre espressa favorevolmente due anni fa la
Corte Costituzionale nicaraguense. Diversamente dal Sud America,
la classe politica cavalca e stimola i pregiudizi antiomosessuali
presenti nella società, e conduce una battaglia politica per
limitare fortemente i diritti degli omosessuali. Il clima
è andato peggiorando con il moltiplicarsi dei casi di Aids.
I gruppi omosessuali, che pure avevano una loro visibilità
sono stai costretti al silenzio, ed ora l’obiettivo
politico principale è diventato solo quello di difendere la
liceità della condotta omosessuale fra adulti consenzienti.
Oceania
C’è un vero e proprio abisso fra la legislazione australiana
e neozelandese da una parte e la legislazione delle isole
oceaniche, siano esse polinesiane, melanesiane o micronesiane
dall’altra.
L’Australia è uno Stato federale, e ogni Stato membro
gode di ampia autonomia anche in ambito legislativo. La situazione
è perciò fortemente differenziata. In alcuni Stati come il
Nuovo Galles del Sud già nel lontano 1977 veniva introdotta
una norma contro le discriminazioni nei confronti degli omosessuali,
mentre in Tasmania soltanto da due anni è stata cancellata
la norma che proibiva rapporti omosessuali fra adulti consenzienti.
Nel Queensland si è sancito il diritto delle lesbiche all’accesso
all’inseminazione artificiale mentre nell’Australia
Occidentale, che pure ha abrogato il divieto di rapporti sessuali
fra individui dello stesso sesso, si è conservato un “preambolo”
nella Costituzione nel quale si afferma che lo Stato guarda
con sfavore ai rapporti omosessuali.
Nessuno degli Stati australiani riconosce le coppie dello
stesso, sebbene siano stati condotti vari tentativi in questa
direzione.
Nelle cause per l’affidamento i genitori naturali omosessuali
non sono più oggetto di discriminazione. L’accesso delle
lesbiche all’inseminazione artificiale è vietato, tranne
che nel Queensland.
Analoga è la situazione della Nuova Zelanda dove la proposta
per il riconoscimento delle coppie omosessuali si trova in
discussione in Parlamento con buone possibilità di approvazione.
Norma che aprirebbe alle coppie dello stesso sesso i diritti
e i benefici previdenziali e sanitari previsti per le coppie
eterosessuali. La Nuova Zelanda riconosce già le coppie di
fatto omosessuali in materia di immigrazione.
Opposto invece lo status legale dell’omosessualità nelle
isole del Pacifico, dove gli atti omosessuali maschili sono
rigorosamente proibiti. Sorprende lo stravagante caso delle
Isole Figi dove è stata di recente introdotta una norma nella
Costituzione che vieta ogni discriminazione motivata anche
dall’orientamento sessuale, salvo conservare il divieto
per i rapporti omosessuali maschili.
Stati nei quali la condotta omosessuale è illegale
Proibiti sia i rapporti omosessuali maschili che femminili
Africa Algeria
Angola
Benin
Burundi (punibile come “atto immorale”)
Camerun
Capo Verde
Gibuti
Etiopia
Guinea
Liberia
Libia
Malawi
Mauritania
Mauritius (sodomia)
Marocco
Senegal
Sudan
Swaziland
Togo
Tunisia
Asia e Oceania Afghanistan
Bangladesh
Brunei
Pakistan
isole Solomon
Samoa
Europa
Medio Oriente Bahrein
Iran
Libano
Oman
Qatar
Arabia Saudita
Siria
Emirati Arabi
Yemen
Le Americhe
Barbados
Grenada
Nicaragua
Porto Rico
Santa Lucia
Trinidad and Tobago
Stati nei quali gli atti omosessuali illegali sono solo quelli
fra uomini
Africa
Botswana
Kenya
Mozambico
Namibia
Nigeria
Seychelles
Sierra Leone
Somalia
Tanzania
Uganda
Zambia
Zimbabwe
Asia e Oceania Bhutan
Birmania
Isole Cook
Figi
India
Kiribati
Laos
Malesia
Maldive
Isole Marshall
Nauru
Nepal
Niue
Papua New Guinea
Singapore
Sri Lanka
Tadjikistan
Tokelau
Tonga
Tuvalu
Uzbekistan
Europa Armenia
Azerbaijan
Macedonia
Georgia
Romania
Bosnia
San Marino
Medio Oriente Kuwait
Le Americhe
Cayman Islands
Guiana
Giamaica
Turks and Caicos Islands
Stati con una comune età minima legale per rapporti omosessuali
e eterosessuali
Africa Repubblica centroafricana
Ciad
Congo
Egitto
Gabon
Asia/ Oceania Australia: Territorio della capitale
Australia: Australia del sud
Australia: Tasmania
Australia: Victoria
Cambogia
Nuova Zelanda
Filippine
Corea del sud
Taiwan
Tailandia
Vietnam
Europa Bielorussia
Belgio
Repubblica Ceca
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Islanda
Italia
Lettonia
Lussemburgo
Malta
Monaco
Montenegro
Olanda
Norvegia
Polonia
Russia
San Marino
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Svezia
Svizzera
Turchia
Ucraina
Medio Oriente Israele
Le Americhe Argentina
Brasile
Colombia
Costa Rica
Repubblica Domenicana
Antille olandesi
Paraguay
Stati con un’età minima legale discriminatoria
Paese età per
Lesbiche Uomini gay Eterosessuali
Africa Burkina Faso 21 21 13
Sud Africa 19 19 16
Asia/ Oceania Australia territorio della capitale 16 18 16
Australia: territorio del nord 16 18 16
Australia: Queensland 16 16/18* 16
Australia: Australia occidentale 16 21 16
Hong Kong 16 21 16
Europa Albania 14 18 14
Austria 14 18 14
Bulgaria 18 18 14
Croazia 18 18 14
Cipro 16 18 16
Estonia 14 16 14
Isole Faroe 18 18 15
Ungheria 18 18 14
Irlanda 15 17 17/15
Liechtenstein 14 18 14
Lituania 14, o 16 18 (per il sesso anale e orale); 16 14,
o 16
Moldavia 16 18 per il sesso anale; 16 16, tranne che per il
sesso anale 18
Portogallo 16 16 14
Romania 18 18 14 per le donne, nessuna età prevista per i
maschi
Yugoslavia (Serbia, Kosovo, Voivodina) 14 18 14
Regno Unito 16 (17 nell’Irlanda del nord) 18 16 (17
nell’Irlanda del Nord
Medio Oriente
Le Americhe Bahamas 18 18 16
Bermuda 16 18 16
Canada 14 18 per i rapporti anali, 14 14 (ma t 18 per i rapporti
anali)
Cile 18 18 ??
Suriname 18 18 16
Libertà di associazione e di espressione
Paesi dove la legge o la prassi nega la libertà d’associazione
Africa
Egitto
Zambia
Asia/ Oceania Australia: Australia Occidentale
Singapore
Europa
Bielorussia
Cipro
Ungheria
Liechtenstein
Romania – associarsi è illegale
Russia – c’è un caso di un’organizzazione
gay alla quale è stata negata la registrazione.
Turchia: proibito il festival gay e lesbico del 1993; e il
festival cinematografico del 1995
Ucraina:
Regno Unito: L’articolo 28 del Local Government Act
1988 proibisce la promozione dell’omosessualità da parte
degli enti locali.
Medio oriente
Le Americhe Cuba
Honduras
Paesi dove la legge o la prassi negano la libertà di espressione
Africa
Asia/ Oceania Australia: Victoria
Australia: Australia Occidentale
Cina
India
Malesia
Singapore
Tailandia (film)
Europa Bielorussia
Bulgaria
Cipro
Liechtenstein
Romania - "propaganda" illegale
Russia: un caso di un giornalista perseguito nel 1994;
Turchia
Medio oriente Giordania
Le Americhe Nicaragua
Riconoscimento delle Partnership fra persone dello stesso
sesso
Africa
Asia/ Oceania
Europa Danimarca:
Ungheria:
Islanda
Olanda.
Norvegia
Spagna Catalogna
Svezia
Medio Oriente
Le Americhe Canada
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